Da Facebook a TikTok, così la mafia si traveste da influencer per attrarre i giovani. Gratteri: «Eliminati 36mila reel di armi e bella vita» – Il video
«La mafia ha bisogno per esistere del consenso popolare e per acquisirlo si fa pubblicità esattamente come qualsiasi azienda» Lo ha spiegato il procuratore di Napoli, Nicola Gratteri, presentando il suo libro Il Grifone alla rassegna “La posta letteraria” di Radicofani. Gratteri spiega che come le aziende la mafia è a caccia di consumatori del futuro, e quindi dei giovani. Per questo prima ha usato per anni Facebook, ma da qualche anno ha aperto migliaia e migliaia di account su TikTok.
Prima si promuoveva con i preti e le squadre di calcio
Il procuratore di Napoli ha raccontato come «la mafia sia di fatto nata con l’unificazione dell’Italia» e che fin dall’inizio al contrario di quello che si dice «ha avuto l’esigenza di promuoversi». Prima il capo mafia «si faceva per questo fotografare con il parroco o con il vescovo, dava soldi per rifare il tetto o restaurare la chiesa». Poi «ha acquisito in campionati minori squadre di calcio comprando campioni che le facevano salire in classifica, così la gente andava allo stadio, e in tribuna accanto al capo mafioso o al suo delegato c’era la classe dirigente del luogo. Con i tempi è poi arrivato l’uso sapiente dei social per attrarre giovani a cui fare sognare la bella vita dei mafiosi.
L’incontro con i vertici di TikTok e la cancellazione di 36 mila vide
Gratteri ha raccontato che dopo avere citato in qualche occasione la passione mafiosa per i social, il capo Europa di TikTok gli ha chiesto un incontro per parlare del problema. E dopo quell’incontro, riconosce il procuratore di Napoli, «TikTok ha creato una squadra ad hoc e ha cancellato la bellezza di 36 mila video che inneggiavano alla bella vita, alle armi e alla violenza mafiosa».