Manuel Bortuzzo verso le Paralimpiadi: «Le barriere si superano, ma sono gli altri che ti fanno sentire disabile»
Deciso, determinato e sportivo. Con questo spirito Manuel Bortuzzo si prepara alle Paralimpiadi di Parigi, previste in agosto. Prima che un proiettile vagante lo costringesse su una sedia a rotelle, Bortuzzo era un nuotatore di stile libero. Oggi si spinge da solo in carrozzina senza l’ausilio di motorini elettrici o van adattati, ma il percorso che lo ha portato a Parigi non è stato semplice. Nel suo libro Soli nella tempesta (Rizzoli), il 25enne racconta la lunga strada intrapresa dopo l’incidente del 2 marzo 2019, quando un proiettile, sparato per uno scambio di persona, gli ha tolto l’uso delle gambe. Per prepararsi alle Paralimpiadi, Manuel si allena duramente: due ore in acqua e due ore in palestra ogni giorno. Vive le gare con ansia, consapevole delle aspettative che gravano su di lui. «È come una verifica a scuola», ammette in un’intervista a la Repubblica. «Se hai studiato, bene. Se no, non ti inventi nulla», chiosa. Ma aggiunge: «Se alle Paralimpiadi vince il mio rivale, io lo abbraccio. È come se avessi vinto anche io, so quello che ha passato».
Tra gli olimpici ognuno pensa a sé stesso
Nel suo libro, Bortuzzo ci tiene a sottolineare che ritiene sbagliato quell’atteggiamento che tende a trattare i paralimpici come eroi. «Arrivare alle Olimpiadi è molto più difficile. Anche nella Paralimpiadi c’è una competitività incredibile», dice a colloquio con Giulia Santerini. Tuttavia, precisa, c’è un rispetto e un’umanità tra i paralimpici che spesso manca negli sport olimpici: «Qui ognuno pensava a sé stesso». La sua partecipazione al Grande Fratello aveva l’obiettivo di normalizzare la disabilità. «Le barriere si superano, ma sono gli altri che ti fanno sentire disabile», afferma l’atleta, criticando chi spesso lo tratta con eccessiva prudenza. Inoltre, ci tiene a smitizzare l’immagine dell’eroe invincibile: «Non si deve essere forti per forza, ma imparare ad essere deboli».
«Tornare in acqua? Devastante, le gambe erano una zavorra»
Tornare in acqua, confida Manuel, «è stato devastante». Le gambe, «ormai una zavorra», rendevano l’esperienza mentalmente difficile. Guardando al futuro, sogna di costruire un centro sportivo aperto a tutti o di lavorare su progetti legati alle sue passioni: viaggi, auto, tatuaggi. Nel frattempo, ha raggiunto già numerosi traguardi, soprattutto sul piano personale. Dopo l’incidente, ha spostato il focus dal sogno di tornare a camminare a viversi pienamente la vita, sebbene senza rinunciare alla speranza di riavere indietro l’uso delle gambe: «Lo spero, ma senza che diventi una dannazione. Se ci sono sperimentazioni, io sono pronto», conclude il 25enne.
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