Roberta Metsola ha fatto bingo in Italia: tutti i partiti pronti a dire sì al suo bis

Si apre la prima plenaria del nuovo Parlamento europeo. La presidente uscente verso una conferma ampia, Von der Leyen ancora a caccia di voti. Ecco le prossime tappe

Inviato a Strasburgo – Il rivolo di sangue sul volto di Donald Trump. Ursula von der Leyen attaccata alla cornetta nel suo ufficio per assicurarsi la maggioranza. I trolley pieni di progetti e di paure di eurodeputati vecchi e nuovi, i pacchi di pop-corn sui tavoli del Cremlino per le contorsioni delle democrazie occidentali. La nuova legislatura Ue s’annunciava incerta già all’indomani delle Europee, con il terremoto politico che ha investito da destra tanto Macron in Francia quanto Scholz in Germania. Ora si apre ufficialmente nel segno dell’inquietudine. Oggi alle 17.30 Roberta Mestola presiederà alla cerimonia d’issazione della bandiera dell’Ue davanti al Parlamento europeo di Strasburgo – simbolo del via al nuovo quinquennio – con ancora negli occhi l’immagine di quella Usa sventolante al comizio in cui Donald Trump avrebbe potuto essere assassinato, se il proiettile lo avesse centrato pochi millimetri più in là. Mentre Joe Biden è ormai un presidente/candidato fantasma e Vladimir Putin gongola. A catturare la gravità del momento con le parole più chiare è stato Enrico Letta, ex premier e super-consulente dell’Ue che può parlare con la dovuta libertà: «Le immagini di sabato notte cancelleranno quelle dell’assalto a Capitol Hill, e ora Trump potrebbe arrivare alla Casa Bianca con una legittimità potente e senza limiti», il che comporterebbe «un impatto pesantissimo su questioni di difesa, commercio internazionale, finanza, i temi su cui si gioca il rapporto tra Usa e Ue». Conclusione consegnata da Letta a Francesca Schianchi de La Stampa: a Strasburgo «è auspicabile una grande unità e rapidità. Serve un voto largo e compatto su Von der Leyen, che chiuda la partita delle nomine. Non si dia l’idea che si sta ancora a perdere tempo dietro alle poltrone». Se non è l’angoscia che costrinse nel 1992 il Parlamento italiano a uscire dai politicismi sull’elezione del nuovo presidente della Repubblica sotto il peso dell’attentato di Cosa Nostra a Giovanni Falcone, poco ci manca. 


Le tappe a Strasburgo

Il D-day di Ursula Von der Leyen, come noto, è fissato per giovedì. 72 ore ancora di attesa in cui potrebbe succedere ancora qualcosa. Ma l’impressione condivisa dalla maggior parte di protagonisti e osservatori è che la leader tedesca – anche sotto il peso della gravitas descritta da Letta – dovrebbe farcela a ottenere un secondo mandato ala guida della Commissione europea. Anche perché su di lei alla fine dovrebbero confluire, oltre ai voti già «prenotati» di Popolari, Liberali e Socialisti, anche quelli dei Verdi, che la settimana scorsa sembrano essere riusciti a strapparle rassicurazioni sufficientemente convincenti d’impegno su transizione ecologica e rispetto dello stato di diritto. Se così sarà, l’aritmetica d’Aula indicherebbe in 452 gli eurodeputati attesi al sì. Nelle stesse famiglie politiche della vecchia «maggioranza Ursula» in realtà si danno per certi una ventina di dissidenti, mentre nel voto segreto potrebbero palesarsi altri franchi tiratori. Ma la soglia di sicurezza oltre la maggioranza di 361 eurodeputati pare comunque assicurata. Se lo scenario sarà confermato, a dispetto dei fiumi d’inchiostro spesi in queste settimane, si rivelerà di fatto ininfluente la scelta di Ecr, il gruppo guidato in Ue da Giorgia Meloni da settimane in dubbio sul sì o no a Von der Leyen. Domattina ci sarà l’atteso incontro tra la presidente-ricandidata alla Commissione e la delegazione dei Conservatori, che comunque si riservano di decidere all’ultimo, sulla base del programma che Von der Leyen presenterà giovedì mattina in Aula. Senza escludere che alla fine le singole delegazioni nazionali dentro Ecr vadano in ordine sparso, o celino la loro scelta dietro al voto segreto. L’ex ministra di Merkel pare tutto sommato aver già metabolizzato il possibile no, più o meno ufficiale: il rapporto con la premier Meloni, in ogni caso, andrà instradato sulla via della collaborazione istituzionale, di fronte allo scenario europeo e mondiale.


Il successo di Metsola

Chi di questi problemi non ne ha di certo è invece Roberta Metsola. La 45enne popolare maltese, ritratta sorridente nel weekend a bordo del volo che l’ha portata a Strasburgo, viaggia serena verso una riconferma ad ampia maggioranza alla guida del Parlamento europeo. Si voterà subito, domattina alle 10, e su di lei potrebbero convergere molti più voti di quelli del perimetro della maggioranza che due giorni dopo potrebbe eleggere Von der Leyen. Per Metsola, addirittura, ci potrebbe essere una piacevolissima sorpresa tutta italiana: a dire sì ad un suo secondo mandato (o meglio mezzo mandato, poiché tra due anni e mezzo lo scranno più alto dovrebbe passare ai socialisti) potrebbero essere tutti i partiti italiani rappresentati a Strasburgo. Da quelli che siedono nel gruppo della sinistra radicale The Left fino ai leghisti ormai confinati nella ridotta dell’ultradestra dei Patrioti a guida OrbanLe Pen. La sorpresa è arrivata venerdì nel corso di una conversazione tra i rappresentanti delle delegazioni italiane in Ue e i giornalisti. Metsola? «Negli ultimi anni ha governato bene l’Aula, dimostrando equilibrio», hanno detto con parole quasi identiche Nicola Procaccini, luogotenente di FdI a Strasburgo, e Paolo Borchia della Lega, spintosi addirittura fino a segnalare che nel nuovo gruppo dei Patrioti per l’Europa che si riunisce oggi pomeriggio «ci sono ancora valutazioni da fare su Metsola, a livello personale proporrà di votare sì». Scontato, ovviamente, l’appoggio dei parlamentari di Forza Italia, colonna italiana del Ppe, alla maltese arriveranno pure i voti degli eurodeputati Pd, come ha assicurato il capogruppo uscente Brando Benifei («voteremo sì nel quadro dell’accordo già chiuso per l’alternanza alla guida del Parlamento europeo nella seconda metà della legislatura»). Favorevoli infine pure i Verdi «sulla base del suo comportamento nella seconda parte della scorsa legislatura», come ha sottolineato il neo-vicepresidente italiano del gruppo Ignazio Marino, e perfino i barricaderi 5 Stelle, col fedelissimo di Conte Pasquale Tridico che ha speso parole al miele per Mestola: «L’M5s ha apprezzato e stimato molto Metsola nella scorsa legislatura soprattutto per la sua gestione inflessibile dello scandalo Qatargate», ha sottolineato l’ex presidente dell’Inps, pur ricordando che «sarà fatta una valutazione nel gruppo con The Left (in cui i 5 Stelle sono appena entrati “in prova”, ndr) per avere cmq posizione comune». Nulla che possa intaccare il consenso bulgaro che gli eurodeputati italiani si apprestano a convogliare su Roberta Metsola. Quello per Von der Leyen, come minimo, può aspettare.

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