Von der Leyen sì o no, Zingaretti: «Meloni confonde il partito col Paese, questo balletto danneggia l’Italia» – L’intervista

L’ex leader del partito – in pole position per guidare i Dem a Strasburgo – a colloquio con Open dopo la prima sessione: «Presto per parlare di capo delegazione»

Von der Leyen sì o no? Il balletto che va avanti da settimane sulla scelta del gruppo di Giorgia Meloni «danneggia l’Italia, che ne sta già pagando il prezzo». Lo dice a Open Nicola Zingaretti, l’ex leader del Pd che torna da oggi a Strasburgo a 20 anni esatti dalla prima elezione a eurodeputato: della delegazione “variopinta” che i Dem hanno portato in Europa, l’ex presidente della Regione Lazio potrebbe diventare il capogruppo, quando la segretaria Elly Schlein scioglierà la riserva. Zingaretti fa buon viso a cattivo gioco, esce sorridente dalla prima seduta del nuovo Parlamento che ha eletto alla sua guida Roberta Mestola, e preferisce prendersela con la premier.


Zingaretti, entro le prossime 48 ore Giorgia Meloni e il suo Ecr dovranno decidere che fare sulla candidatura a un bis di Ursula von der Leyen. Lei da ex segretario del principale partito di opposizione cosa si augura?


«Da settimane va avanti questo balletto -con un vicepremier che dice sì convinto (Antonio Tajani, ndr), un altro che dice no a ogni occasione (Matteo Salvini, ndr) e la premier ferma nel mezzo nel suo nì. L’Italia pagherà un prezzo per questi giochetti, anzi lo sta già pagando, ed è grave che Meloni, oltre tutto, continui a confondere in questo modo i due piani: l’interesse del suo gruppo politico, Ecr, da un lato, quello dell’Italia, quanto mai più grande e importante, dall’altro. Non si rendono conto del danno che fanno all’Italia».

Qual è il prezzo che l’Italia starebbe già pagando?

«Ma è già evidente, basta guardarsi attorno, l’Italia è fuori dai tavoli Ue che contano, e questo è un danno per tutti. Veniamo da un ciclo politico in cui avevamo un presidente del Parlamento europeo italiano (David Sassoli, ndr) e un ex presidente del Consiglio come Commissario all’Economia e vicepresidente (Paolo Gentiloni, ndr). E basta guardarsi attorno qui tra i corridoi e le aule di Strasburgo per ricordarsi chi tra gli italiani ha fatto davvero la storia d’Europa: da Altiero Spinelli fino a Romano Prodi. E ora?»

Ora dipenderà da negoziati ancora in corso. Von der Leyen comunque alla fine ce la farà, sembra.

«Sì, c’è una dinamica in questo senso. Ma intendiamoci, sono e siamo i primi che vorremmo per l’Italia un Commissario Ue forte e una vicepresidenza, proprio per la storia e il peso che l’Italia ha in Europa».

Capitolo Pd. Alle Europee Elly Schlein s’è fatta il «campo largo» dentro al partito. Risultato: gli eletti del vostro gruppo vanno da Cecilia Strada a Giorgio Gori, da Marco Tarqunio a Stefano Bonaccini. Possibile tenere insieme posizioni così diverse nei prossimi cinque anni?

«Noi dobbiamo puntare a costruire una proposta politica plurale alternativa a quella di queste destre, il Pd come oggi è chiaro ne sarà il baricentro, e la pluralità di punti di vista al suo interno può essere una ricchezza. Fermo restando che l’obiettivo di tutti dev’essere quello di ribaltare l’attuale equilibrio che vede al governo la coalizione che ha preso il minor voti di numero di voti assoluti di sempre».

Poi però ci sono i temi concreti e le scelte di campo, come quella del sostegno all’Ucraina ribadita con forza ancora stamattina da Metsola. Mica facile mettere tutti i vostri d’accordo su questo.

«Niente è facile… Ma ci lavoreremo».

Lei ci lavorerà come capogruppo del Pd?

«Siamo all’inizio della legislatura e c’è una delegazione nuova, sceglieremo la persona più adatta a svolgere tale ruolo al momento opportuno»

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