L’alpinista superstite della tragedia del Monte Greuvetta: «La frana ha ucciso Marco e Luca e ha tranciato la corda, io salvo per miracolo»

Il racconto di Luciano Peirano: «Ho pensato: “Sono morto”»

Luciano Peirano, 58 anni di Carasco, è l’alpinista superstite della tragedia del Monte Greuvetta, sul massiccio del Monte Bianco. Marco Bagliani, 59 anni, e Luca Giribone, 34, sono morti. Al presidente del Club Alpino Italiano Mauro Penasa ha raccontato come è andata. Il suo ricordo lo riporta oggi La Stampa: «Mi è rimasto in mano un pezzo di corda di neanche 8 metri. Non ho più capito nulla». I tre stavano salendo da quattro ore dopo aver lasciato il bivacco Comino a 2.430 metri nella Val Ferret di Courmayeur. I due erano a 3.500 metri, in sosta, legati in sicurezza. Lui è rimasto indietro: «Stavo arrampicando, eravamo ormai nell’ultima parte, a qualche tiro di corda dalla vetta, quelli più difficili alle spalle. Ho sentito un boato, un rumore assordante di frana e poi urla disperate».


«Sono morto»

Il racconto prosegue: «Non potevo vedere Marco e Luca, mi sono schiacciato contro la parete, sperando che la frana mi scavalcasse. Ma ho pensato “sono morto”. Aspettavo lo strappo… Che la corda che mi legava ai compagni mi strappasse dalla roccia. Il tempo passava e io restavo lì, senza sentire nulla. Ho guardato in basso, ho visto lo spezzone di corda tranciato dalla roccia crollata». Secondo Peirano «qualche metro sopra a dove erano fermi Marco e Luca si è staccato un blocco che scivolando ha colpito quello cui erano assicurati loro e lo ha staccato tagliando anche la corda. E giù, precipitati nel vuoto».


Il pezzo di corda

Luciano Peirano dice ancora: «Fino a lassù l’arrampicata è stata molto bella, su roccia buona». Il giorno prima i tre amici avevano raggiunto dalla località Arnouva, in fondo alla Val Ferret, il bivacco Comino in poco più di due ore. Domenica in un’ora e mezza erano alla base della parete. E non hanno trovato ciò che temevano, cioè il ghiacciaio Greuvetta tempestato di crepacci che avrebbe significato un faticoso zig-zag per evitare rischi. Grazie alla neve ancora presente il ghiacciaio era insolitamente uniforme. «Le vie attrezzate non facevano parte del loro modo di arrampicare. E non è facile trovare un compagno di cordata se si cerca l’insolito. Luciano scalava molto insieme a Luca che ha fatto pareti di mille metri poco affrontate, come quelle che ha salito nel Delfinato», conclude.

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