Goran Bregović in Italia: «Qui da ragazzo a suonare nei bar, ancora impressionato dai colori»
Ciò che da sempre stupisce del modus operandi di Goran Bregović è l’intenso rapporto che lo lega alla musica, questa passione di pancia, ancestrale, che poi giunge sotto i riflettori più per bisogno di chi ascolta che di chi suona, solo perché assolutamente irresistibile. Il compositore bosniaco classe 1950 questa estate torna in tour in Italia con la sua Wedding and Funeral Band, un ensemble esplosivo, capace di grandi virtuosismi composto da trombe, tromboni, grancassa, clarinetto, sassofono e voci bulgare, per spingere, tra vecchi successi e brani tratti dai suoi ultimi album, quel turbo folk che lo ha reso non solo famoso in tutto il mondo, ma di casa in tutto il mondo. Il tour di Goran Bregović è partito con uno strepitoso successo dai Giardini della Rocca di Bentidoro e proseguirà nei prossimi giorni attraversando alcuni dei più suggestivi scenari della musica outdoor in Italia. Stasera infatti si esibirà all’Arena Beniamino Gigli di Porto Recanati, poi di seguito il 18 luglio al Giardino Scotto di Pisa, il 19 nella splendida cornice del Lazzaretto di Bergamo, per Lazzaretto Estate, la rassegna organizzata dal comune. Il tour poi prosegue ai Laghi Fusine di Tarvisio il 20 luglio, il 22 invece arriverà a Roma, all’Anfiteatro Ostia Antica, serata che si preannuncia imperdibile come quella del 23 luglio al Teatro Greco di Siracusa. Poi si torna al nord, a La Spezia, il 24 luglio in Piazza Europa. Due le date invece di agosto, che concludono questo tour del maggiore rappresentate della musica balcanica nel mondo: il 13 agosto a Sant’Angelu ed il14 agosto all’Arena Fenicia di Sant’Antioco.
Quanto è importante nella musica di oggi riuscire a fondere, come fai tu nei tuoi live, culture musicali diverse?
«La scienza dice che il primo linguaggio umano era la musica, hanno trovato strumenti musicali vecchi di ventimila anni. Vuol dire che l’uomo ha comunicato con il mondo prima con la musica e solo dopo sono arrivati i linguaggi, la politica e le religioni. Per questo, se parli bene questa lingua che si chiama musica, tutti ti capiscono. Può essere una pizzica o un rock and roll o gli ottoni dei balcani, se parli bene questo linguaggio puoi farti comprendere da chiunque»
Credi che la fusione di culture musicali diverse possa anche rappresentare un messaggio di comunione tra i popoli?
«Con la musica i popoli si riuniscono facilmente, nel mio ultimo disco ci sono arabi, ebrei, cristiani, tutti in armonia, una cosa impossibile per politica e religione. Io sono un privilegiato infatti, perché il mio è un mestiere che può realizzare delle cose impossibili»
In Italia la tua figura è strettamente legata al live, al contrario qual è la prima cosa che ti viene in mente pensando all’Italia?
«Mi vengono in mente immagini di quando avevo 18 anni e sono arrivato a Napoli per suonare nei bar, uscito da un paese comunista in cui tutto era grigio. Sono arrivato in Italia ed ero rapito da tutti i colori, tutti i sapori…dopo tutti questi anni, sono sempre impressionato dall’Italia. Poi sento anche una piccola responsabilità: prima di ogni concerto in Italia infatti mi dico “Bregović, la vita è breve e questi italiani ti hanno regalato due ore della loro vita, fai un buon concerto!”. E allora faccio un buon concerto».
Quanto è importante nella musica contemporanea il confronto diretto con il pubblico?
«Forse per i compositori che non sono abituati a stare davanti al pubblico non è così importante come lo è per me, ma io vengo dal mondo del rock, dove insieme al pubblico si produce una specie di follia. Per questo a me piace dire sempre “Chi non diventa pazzo non è normale”».
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