Luigi Brugnaro, Renato Boraso e l’indagine per corruzione: il palazzo svenduto, l’area dei Pili e i soldi per i permessi

L’inchiesta della procura di Venezia: un terreno comprato per 5 milioni e da rivendere per 150. E una proprietà scontata di 4 milioni

L’indagine per corruzione nei confronti del sindaco di Venezia Luigi Brugnaro parte da un palazzo svenduto. L’assessore alla Mobilità Renato Boraso, all’epoca dei fatti responsabile del Patrimonio, avrebbe fatto scendere la stima di Palazzo Papadopoli da 14 a 10 milioni. In cambio di 73.200 euro per agevolare l’acquisto dell’immobile da parte di Chiat Kwong Ching, magnate cinese con base a Singapore. E per agevolare l’accordo sull’area dei Pili. Che lo stesso Brugnaro aveva comprato dal Demanio per cinque milioni quando ancora non era sindaco nel 2006. E che avrebbe voluto rivendere a Kwong per 150 milioni. In cambio della promessa del raddoppio dell’edificabilità e dell’adozione di varianti urbanistiche per l’approvazione del progetto edilizio.


L’area dei Pili e Kwong

L’area dei Pili è una striscia di terreno che si protende fino alla laguna dalle parti di Marghera. È inquinata, proprio a causa della vicinanza con la zona del porto. La proprietà degli ettari è in mano alla società del sindaco Porta di Venezia. Mentre negli ultimi anni proprio lì si volevano costruire un terminal di scambio, il nuovo palazzetto dello Sport e alcune abitazioni. Sotto indagine oltre al sindaco ci sono il suo capo di gabinetto Morris Ceron e il vice Derek Donadini. Quando è arrivato a Ca’ Farsetti, Brugnaro ha affidato tutte le sue attività imprenditoriali e le partecipazioni a un blind trust con sede a New York. Che avrebbe dovuto tenerlo lontano dai conflitti di interesse. Secondo le carte della procura di Venezia non è andata così. Anzi. L’accordo prevedeva «la maggior somma di 70 milioni di euro come sovrapprezzo che remunerava la promessa di adozione dei provvedimenti edilizi».


Un palazzo in svendita

La seconda vicenda di corruzione riguarda la stessa area. Stavolta si puntava sul raddoppio dell’edificabilità dei terreni e sull’approvazione di varianti urbanistiche. Per costruire 348 mila metri quadri di volumi commerciali e residenziali. Al prezzo di 150 milioni. Infine, c’è la storia di Palazzo Poerio Papadopoli. Da vendere per 10,7 milioni di euro invece dei 14 stimati per il suo valore. Per deprezzarlo Boraso impegna tutte le sue capacità in cambio dei 73 mila euro dell’imprenditore cinese. Lo aiutano Luis Lotti, Claudio Vanin e Fabiano Pasqualetto. Il gip Alberto Scaramuzza scrive: «Brugnaro, Ceron e Donadini concordavano con lui il versamento di 150 milioni in cambio della promessa di far approvare il raddoppio dell’edificabilità e l’adozione delle varianti urbanistiche necessarie per l’approvazione del progetto edilizio».

Le intercettazioni

Poi ci sono le intercettazioni. «Tu non mi ascolti, tu non capisce un c… mi stanno domandando che tu domandi soldi, tu non ti rendi conto, rischi troppo… Se io ti dico di stare attento, ti devi controllare», dice Brugnaro a Boraso il 17 marzo 2023. E ancora: «Ascoltami… ho guardato un poco di lottizzazioni quella di Luca che ha un sacco di robe… non ci sono gli accessi sulle strade… le ho prese in mano… adesso le sblocco il prima possibile! Gli ho dato in mano tutto a lui…Tu cerca di non intrometterti. Lascia che la veda lui». Secondo il Gip così il sindaco conferma il sindaco conferma «di aver preso in mano delle lottizzazioni e che le sbloccherà il prima possibile citando espressamente quella di Luca (Gianluca Vidal – Rione Pertini) però intimando perentoriamente Boraso di non intromettersi avendole affidate ad altra persona».

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