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«Mai con la sinistra»: il bivio di Giorgia Meloni in Ue, tra voto a von der Leyen e rischio irrilevanza

giorgia meloni ursula von der leyen voto parlamento europeo
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Oggi la premier deve decidere sull'appoggio a Ursula. Con il rischio di scoprirsi a sinistra. E il pericolo di scomparire dai tavoli che contano. Le indecisioni di Giorgia e la Lega

Aveva detto «Mai con i socialisti». Ma non ha ancora scelto cosa fare su Ursula von der Leyen: «Decido domani, dopo il discorso». E alla fine Giorgia Meloni potrebbe anche tradire la sua parola e far dare ai suoi 24 eurodeputati l’ok alla presidente della Commissione Europea. Con cui ha parlato ieri sera in una telefonata piuttosto tesa: «Ursula, se nel tuo discorso apri troppo alle istanze di socialisti e verdi ci metti in difficoltà. I miei potrebbero non votarti», è il senso del discorso della premier italiana all’ex ministra della Difesa tedesca. Anche se Raffaele Fitto avrà il suo posto di commissario, forse con delega al Pnrr come a Roma. Perché l’intesa sulla vicepresidenza esecutiva ancora non c’è. E potrebbe non arrivare mai. E questa potrebbe essere una sconfitta. Sia nel duello con Emmanuel Macron che in quello con Matteo Salvini.

Le indecisioni di Giorgia

Il sì o il no al bis di Ursula saranno decisivi nel percorso politico di Meloni. Che si trova, come sempre in questi casi, di fronte a un bivio. Da una parte c’è l’ansia e la paura di scoprirsi troppo a destra aiutando l’odiata (dai sovranisti) presidente della Commissione Europea. E infatti Salvini ha già avvertito che un voto per Ursula potrebbe costituire «la fine politica» di Giorgia. D’altra parte porsi in una posizione di rottura rispetto a Bruxelles e Strasburgo sarebbe pericoloso per un’Italia che dovrà fronteggiare la procedura di infrazione del bilancio e discutere di anno in anno il percorso di rientro con il nuovo Patto di Stabilità. Alla premier qualcuno sussurra all’orecchio che senza i voti di Fratelli d’Italia a Strasburgo potrebbe arrivare una sorpresa. Ma l’eventuale caduta di von der Leyen dietro i colpi dei franchi tiratori potrebbe non essere una buona notizia per il governo italiano.

Ursula o Roberta?

Perché «se salta Ursula finisce che Ppe e Pse fanno un accordo organico con i Verdi e l’asse dell’Europa si sposta a sinistra», è il ragionamento che si sente dalle parti di Palazzo Chigi. E un’eventuale sostituzione in corsa con Roberta Metsola non rassicura in alcun modo la destra italiana. Che con Ursula ha già faticosamente costruito un rapporto politico che oggi converrebbe mantenere. Il Corriere della Sera nota che nel cerchio ristretto della premier si respira ancora un mix di umori. Macron e Scholz, è il ragionamento, hanno «mancato di rispetto all’Italia» nella trattativa per i Top Jobs. Ma se volevano «tenerla fuori dal salotto buono» e «farla sentire inadeguata» non ci sono riusciti. Come dimostra l’elezione di Antonella Sberna, vicina ad Arianna Meloni, a vicepresidente del Parlamento Ue. E di un questore per i polacchi del Pis.

Una vittoria di Pirro?

La premier ha gioito per la «enorme sconfitta di chi auspicava un cordone sanitario per tenere fuori dai giochi FdI ed Ecr». Che invece, «nonostante la sinistra abbia provato a farci apparire come impresentabili, sono pienamente legittimati e dentro le dinamiche della Ue». Ma se l’incasso finisse a questo punto, sarebbe difficile non definire il tutto una vittoria di Pirro. Ecco perché i 24 eurodeputati sono decisivi. Ieri, fa sapere ancora il quotidiano, si sono riuniti con i capi Carlo Fidanza e Nicola Procaccini. Senza la leader. E hanno deciso che per avere il loro ok Ursula «deve camminare sulle uova senza fare la frittata». Ovvero deve saper fare un discorso che blandendo i verdi non irriti la destra meloniana. Nel centrodestra italiano è chiara la spinta di Antonio Tajani e Forza Italia per il sì. Ma Meloni guarda soprattutto dall’altra parte. E a ragione.

La Lega e Ursula

«Chi avrà ancora il coraggio di votare von der Leyen?», si è chiesto dopo la sentenza sui vaccini il vice di Salvini Andrea Crippa. Mentre il Capitano ha già annunciato il suo no e lasciato libertà a Meloni: «Ognuno è libero di scegliere in base alla sua disponibilità». Naturalmente, dal punto di vista elettorale, a Salvini conviene che Meloni voti per l’establishment europeo. Anche se la posizione del Carroccio pare più essere win-win: se Meloni alla fine cambia idea potranno dire che ha seguito l’indicazione della Lega. Per questo, spiega oggi La Stampa, la premier si è incontrata proprio con Salvini. Per chiedergli di «non alzare troppo i toni». Visto che così minerebbe la compattezza del governo. Oggi è il giorno decisivo. Meloni dovrà decidere cosa vuole fare da grande.

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