Meloni e il no a Von der Leyen, Procaccini (FdI): «Sconfitta politica, ma la maggioranza verrà presto ribaltata» – L’intervista

L’uomo della premier a Strasburgo spiega a Open il senso del voto contro: «S’è appiattita troppo sui Verdi, non potevamo starci. L’Ue ha già virato a destra»

Da Strasburgo – La rielezione di Ursula von der Leyen nonostante quel no infilato infine nell’urna 24 volte da Fratelli d’Italia è una «sconfitta politica» per il partito di Giorgia Meloni. Lo riconosce apertamente Nicola Procaccini, luogotenente della premier al Parlamento europeo, dove guida il gruppo di Ecr. Ma se oggi è andata così – con Verdi, Liberali e Socialisti che sono riusciti di fatto a «buttare fuori» FdI dalla maggioranza con la forza dei vincoli posti a Von der Leyen per il loro sì – nulla dice che le cose proseguiranno così anche nel resto della legislatura appena apertasi. Anzi, dice Procaccini parlando con Open, un ribaltamento della maggioranza verso destra nei prossimi mesi è «quasi sicuro».


On. Procaccini, dunque avete votato no, tutti e 24?


«Sì, tutti e 24». 

Qual è il senso di questo no? 

«Semplicemente che non abbiamo condiviso la proposta politica della Von der Leyen, troppo simile a quella di cinque anni fa. E ciononostante naturalmente le auguriamo buon lavoro e lavoreremo sul merito dei singoli provvedimenti. Con la consapevolezza che i rapporti di forza comunque sono cambiati, perché la nuova Commissione europea sarà sicuramente più di centrodestra, essendo espressione di governi di centrodestra, il Consiglio europeo ça va sans dire sarà più di centrodestra, e sono aumentati i parlamentari sul lato destro dell’emiciclo anche qui al Parlamento. Quindi ci sono tutte le condizioni per provare a cambiare il corso degli eventi. D’altra parte lo storico ci insegna che i Verdi cinque anni fa votarono contro la Von der Leyen, però poi il Green Deal è stata la principale piattaforma della Von der Leyen e i Verdi la loro “guardia armata”. Viceversa coloro che votarono a favore, come i polacchi del Pis che sono in Ecr o gli ungheresi di Orbán, sono stati abbastanza maltrattati nel corso dei cinque anni. Quindi si va verso una dinamica più fluida, con più spazi».

Tradotto, è il vostro ragionamento, oggi è andata così e questa è la maggioranza che ha eletto Von der Leyen, ma potrebbe cambiare nel corso della legislatura e potrebbe essere che ci entrerete dentro voi?

«Sono convinto che saremo in grado di avvicinare a noi il baricentro della politica europea». 

Quando abbiamo chiesto al leader dei Verdi cosa pensasse della vostra scelta di annunciare l’orientamento di voto solo a cose fatte, lui ha detto che i vostri sono stati «giochetti patetici».

«Perché lui pensava che avremmo annunciato il sì… (ride di gusto). Di solito si mette il cappello sulle vittorie, in politica questo si fa. Noi mettiamo il cappello su una sconfitta senza paura perché noi abbiamo il nostro modo di fare, abbiamo la nostra coerenza».

Quindi la definisce una sconfitta?

«Certo che è una sconfitta, perché abbiamo votato contro e la Von der Leyen è passata: avremmo preferito che fossero maggioranza i voti contrari. Però Von der Leyen ha scelto di avvicinarsi a loro, è una scelta legittima, così come è altrettanto legittima la nostra scelta di non condividere questo appiattimento ulteriore sui Verdi che sono i grandi sconfitti delle elezioni europee, considerato che nessun gruppo è precipitato come loro. Così come i socialisti più ambientalisti e più radicali come Timmermans sono stati sconfitti in patria e ovunque, e gli stessi liberali di Macron sono stati tra i principali sconfitti. Ciononostante, come scriveva Politico quattro giorni fa, la Von der Leyen si mette nelle mani dei grandi sconfitti delle elezioni europee. E questo è un paradosso». 

Che lei ha rivendicato con orgoglio nei minuti in cui voi ufficializzavate il vostro no.

«È una scelta che rispettiamo, come ripeto». 

Ma se voi doveste entrare più o meno strutturalmente nella maggioranza Ue nel prosieguo della legislatura – come auspica – quale sarà il vostro approccio rispetto al «cordone sanitario» agli altri partiti ancora più a destra?

«Assolutamente contrario. Noi già oggi siamo “non cordonati”, ma questo non ci impedisce di considerare un abominio democratico che qualcuno possa essere anche soltanto definito “malato” perché ha un’opinione politica diversa. Già la stessa terminologia è raccapricciante. Se si applica un sistema D’Hondt proporzionale (il sistema di ripartizione degli incarichi tra i partiti all’interno del Parlamento europeo, ndr), lo si deve applicare fino in fondo. Non credo che ci sia un solo Parlamento nazionale in cui esiste il cordone sanitario, credo che esista solo qui. È qualcosa che è obiettivamente inquietante, perché questo luogo dovrebbe essere invece la massima espressione della democrazia».

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