L’idea della stretta sugli stipendi aumentati agita i rettori, il sospetto dopo gli attacchi di Bernini sugli atenei «inondati di soldi» e l’allarme sui fondi
È sempre più gelo tra i rettori degli atenei italiani e la ministra dell’Università Anna Maria Bernini. Ultimo nodo dello scontro è il presunto taglio di 173 milioni di euro rispetto al 2023 del Fondo di finanziamento ordinario. Un allarme «infondato» secondo la ministra, che ha annullato l’incontro con i rettori poco dopo la diffusione della nota di protesta. I rettori parlando del futuro a rischio delle nuove generazioni a fronte di tagli, che sarebbero però riportati una bozza che proprio oggi doveva essere discussa al Mur.
La ministra Bernini e le università «inondate per anni di soldi»
Il tempismo con cui è partita la protesta solleva più di un sospetto tra i corridoi del ministero. Oggi ci sarebbe stato il primo faccia a faccia con tra i rettori e Bernini, a pochi giorni dall’intervista sulla Stampa in cui la ministra aveva sostanzialmente strigliato i capi degli atenei proprio sulla gestione delle risorse finora ottenute. «Negli ultimi anni le università sono state inondate di soldi – aveva tuonato Bernini – I rettori degli atenei di qualunque dimensione hanno avuto accesso a risorse enormi grazie anche al Pnrr. Risorse che hanno gestito nel rispetto della loro autonomia. Ora dobbiamo vederne i risultati. C’è un unico modo per spendere i soldi. Ed è spenderli bene».
Il dpcm di Mario Draghi sugli stipendi dei rettori
Ma c’è un altro tema caldo che sta agitando i rettori. Al ministero è stato acceso un faro sul meccanismo che consente ai rettori di aumentarsi lo stipendio. Tutto legittimo, come prevede un Dpcm dell’allora premier Mario Draghi. Come già successo in alcuni atenei pugliesi, i rettori possono anche raddoppiare il proprio stipendio in totale autonomie e senza che il ministero metta bocca se non rilasciando un nulla osta senza alcun particolare potere.
L’ipotesi di riforma sull’aumento di stipendio dei rettori
Il provvedimento però sarebbe stato portato ora all’attenzione dell’Avvocatura dello Stato, secondo fonti vicine al dossier. Al Mur da tempo i tecnici sono al lavoro per correggere quel meccanismo. Le ipotesi in campo sono che la decisione dei rettori venga completamente svincolato dal nulla osta del ministero. In questo modo i rettori se ne dovrebbero assumere tutte le responsabilità. L’alternativa sarebbe quella di una stretta: vincolare quindi la decisione del rettore di aumentarsi lo stipendio a un parere del ministero. In quel caso, il Mur avrebbe il potere di dare o meno il suo consenso. Per esempio basando la scelta su criteri di sostenibilità dell’ateneo interessato. Uno scenario che ai rettori che non si sono ancora aumentati lo stipendio potrebbe non essere gradito.
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