Von der Leyen in Aula per il bis alla Commissione: «Un nuovo Clean Deal per l’Europa, con me nessuno spazio agli estremisti come Orbán»

Il discorso al Parlamento europeo guarda al centro e conferma l’apertura ai verdi. Per l’Italia il ramoscello d’ulivo di un Commissario ad hoc per il Mediterraneo

Da StrasburgoUrsula von der Leyen si presenta in Aula alle 9 in punto del mattino con una sobria giacchetta rosa, ma il discorso che scolpisce al Parlamento europeo per chiedere la fiducia sul suo bis alla Commissione è tutto tinto di verde. Forse perfino più di quanto gli ecologisti potessero sperare, anche se l’approccio che indica per la «sua» Europa dei prossimi cinque anni strizza l’occhio con evidenza anche alle imprese (dunque anche al suo Ppe), nel segno della «competitività». «Terremo la barra dritta nella nostra strategia di crescita», dice quasi subito Von der Leyen entrando nel vivo del suo discorso, rivendicando i successi della strategia verde seguita negli ultimi cinque anni e indicando la via per i prossimi: «Voglio lanciare un nuovo Clean Industrial Deal nei primi 100 giorni del mandato per canalizzare gli investimenti nelle energie pulite». La presidente-ricandidata alla Commissione indica anche un nuovo target per l’Unione: quello della riduzione delle emissioni di gas serra del 90% entro il 2040 (al momento è previsto il raggiungimento della neutralità climatica entro il 2050). Una strada, chiarisce Von der Leyen, che va nell’interesse supremo dell’economia del blocco – dunque anche delle sue aziende – ma pure incontro alle preoccupazioni dei giovani per la protezione climatica: «non è questione solo di competitività, ma di giustizia intergenerazionale». E anche in fin dei conti, di sovranità e indipendenza perché – assicura Von der Leyen – l’ulteriore spinta propulsiva del nuovo Deal «farò calare il costo delle bollette. e metterà fine una volta per tutte all’era dei combustibili fossili russi».


Botte da Orbán, sostegno all’Ucraina, il «basta» su Gaza

Lo sguardo verso i partiti europeisti dell’Aula – popolari, liberali, socialisti e verdi – è chiarissimo, e si percepisce pure nell’attacco durissimo, quasi sfrontato, contro Viktor Orbán e contro i suoi amici e alleati. «La missione recente di un primo ministro europeo a Mosca – affonda il colpo Von der Leyen senza neppure nominare il magiaro – non è stata di pace, non è stata altro che una missione di appeasement con Vladimir Putin». È l’occasione in cui l’Aula si scioglie nell’applauso forse più lungo e convinto, mentre i deputati dei Patrioti restano impietriti. Perché, ricorda severa Von der Leyen, appena due giorni dopo «i jet di Putin hanno bombardato l’ospedale pediatrico di Kiev e i suoi pazienti oncologici. Quello era un messaggio anche a noi». Ma c’è anche un altro passaggio di rara durezza contro le retoriche nazional-populiste che partiti un po’ ad ogni angolo d’Europa usano o tentano di usare per raccattare consensi. «Non mi piegherò mai alla polarizzazione, non accetterò mai quei demagoghi ed estremisti che vogliono distruggere il tessuto delle nostre società». Altro applauso convito dal fronte liberale e di sinistra, che si repeterà poco più tardi quando Von der Leyen assicura la continuità dell’impegno sul rispetto dello stato di diritto, a cui la distruzione dei fondi europei «resta e resterà vincolata». E chissà cosa penserà di tutto ciò Giorgia Meloni, attesa a breve all’ora della decisione sul sì o sul no. Sulla politica internazionale c’è spazio anche per la riaffermazione del sostegno «fino a quando sarà necessario e con ogni mezzo» all’Ucraina, così come al messaggio chiaro su Gaza: «il bagno di sangue deve finire ora». Mentre per rafforzare la sicurezza dell’Unione Von der Leyen torna a proporre (in francese…) di costituire una vera “Unione europea della difesa”.


La gestione dei migranti e i nuovi Commissari ad hoc

Sulle migrazioni Von der Leyen cerca un equilibrio difficile. Afferma la necessità di un chiaro rafforzamento delle frontiere – portando il numero di guardie Frontex sino a 30mila – per gestire insieme e con fermezza la sfida migratoria. Ma, dice Von der Leyen guardando con evidenza più a sinistra, la gestione di quel dossier «deve sempre ispirarsi al principio di solidarietà e dobbiamo sempre ricordare che i migranti sono esseri umani come me e voi, protetti dai diritti umani». Von der Leyen propone poi una serie di innovazioni istituzionali per rispondere ad alcune sfide emergenti, almeno ai suoi occhi. Vuole tre nuove deleghe ad hoc nella nuova Commissione, in particolare, e alcune di queste sembrano disegnate per attirare l’attenzione dell’Italia e del suo governo: un Commissario ad hoc per il Mediterraneo («merita la nostra continua attenzione», un Commissario alla Casa (per «rispondere alle cose che più preoccupano le persone», anche se l’Ue non ha alcuna competenza in materia), infine un vicepresidente con delega alla sburocratizzazione. Ammesso e non concesso che basterà ad addolcire la pillola per Giorgia Meloni. Dei cui voti, comunque, la presidente-ricandidata potrebbe anche non avere bisogno (per essere reincoronata presidente le bastano un minimo di 361 voti).

La piattaforma centrista per il bis alla Commissione

Alla fine di oltre 40 minuti di discorso, Von der Leyen lascia che emerga con chiarezza la sua piattaforma politica, già messa nero su bianco nelle political guidelines che la 65enne tedesca ha fatto planare sui tavoli di tutte le delegazioni di prima mattina: un appello al «centro democratico», che, scolpisce Von der Leyen, «deve reggere di fronte alle turbolenze internazionali e alle ansie e incertezze» degli europei. Le differenze tra i diversi gruppi politici sono fisiologiche, ma abbiamo dimostrato negli ultimi anni di poter unirci attorno a linee e strategie comuni – come nell’approvazione del Patto Asilo e Immigrazione -, ed è quello che ora possiamo fare di nuovo nell’interesse del futuro dell’Europa, è il senso dell’appello di Von der Leyen. Che si conclude con una doppia citazione. Con le parole di Jacques Delors in un celebre discorso del 1989: «La nostra Comunità non è solo il frutto della storia e della necessità, ma anche della volontà». Poi, dopo le repliche dei capigruppo dei diversi partiti Ue, con quelle di David Sassoli – le ultime pronunciate in Aula prima della prematura scomparsa nel gennaio 2022 (in doppia lingua originale): «La speranza siamo noi, we the people of Europe are our best hope in a dangerous world». Ora qualche ora di riflessione, prima del voto di fiducia sul bis dell’ex ministra di Angela Merkel.

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