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Bangladesh, 50 morti e 700 feriti durante le proteste degli studenti contro il governo

19 Luglio 2024 - 13:09 Ygnazia Cigna
In risposta alla crescente ondata di violenze,la polizia ha annunciato il divieto di tutti i raduni pubblici

Caos in Bangladesh. La popolazione si è svegliata, anche oggi, in uno scenario di grave disordine e violenza che ha portato a un tragico bilancio di almeno 50 morti e oltre 700 feriti nelle proteste che da settimane chiedono l’adozione di nuove riforme per le regole di assunzione nel servizio pubblico. Le tensioni si stanno registrando in 26 dei 64 distretti e oggi, 19 luglio, si è rivelato il giorno di protesta più sanguinoso. Le forze dell’ordine hanno accusato i manifestanti di aver incendiato e vandalizzato numerosi edifici. In particolare, centinaia di studenti hanno assaltato e incendiato gli uffici della televisione di Stato Btv e dell’agenzia nazionale per la gestione dei disastri. Anche vari edifici della polizia e del governo sono stati presi di mira.

Arrestato il leader del Partito Nazionalista del Bangladesh

La situazione continua a restare tesa e le violenze non sembrano attenuarsi. Nel frattempo, la polizia ha arrestato Ruhul Kabir Rizvi Ahmed, uno dei principali leader del Partito Nazionalista del Bangladesh (Bnp), il maggiore partito di opposizione. Faruk Hossain, portavoce delle forze dell’ordine, ha confermato l’arresto, ma senza fornire ulteriori dettagli sulle motivazioni. In risposta alla crescente ondata di violenze, il commissario di polizia Habibur Rahman ha annunciato in mattinata il divieto di tutti i raduni pubblici, processioni e incontri a Dhaka per un giorno, per garantire la sicurezza pubblica.

Il motivo delle proteste

I manifestanti stanno protestando contro il governo, prendendo di mira la premier bengalese Sheik Hasina. A scatenare l’ondata di proteste, che ha preso il via agli inizi di luglio, è stata la recente decisione dell’Alta Corte di Dacca di reintrodurre la quota del 30% di posti governativi riservati ai familiari dei veterani di guerra e dei combattenti per la libertà della Guerra d’Indipendenza del 1971. Questa misura, che in realtà rispolvera una norma degli anni ’70, ha acceso la furia dei manifestanti essendo giunta in un contesto di alta disoccupazione giovanile. Il provvedimento ha alimentato la percezione di nepotismo e discriminazione, con molti che lo vedono come un passo indietro verso il favoritismo e la mancanza di merito, favorendo gli affiliati alla Awami League, il partito della premier Hasina.

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