La serie Netflix su Yara Gambirasio «non dice la verità su Massimo Bossetti e il Dna»

Il professore di genetica Giardina: ho dato spiegazioni nella serie, hanno tagliato tutto

La serie di Netflix sul delitto di Yara Gambirasio non dice la verità. Anzi, dà «più risalto ad alcune figure rispetto ad altre, e ciò crea confusione negli spettatori, portati a chiedersi chi sono i buoni e chi i cattivi». Lo spiega oggi in un’intervista al Fatto Quotidiano il professor Emiliano Giardina, associato di Genetica all’Università romana di Tor Vergata. Yara è scomparsa il 26 novembre 2010 a Brembate di Sopra ed è stata ritrovata morta il 26 febbraio 2011. Il regista Gianluca Neri ha realizzato la docuserie Il caso Yara: oltre ogni ragionevole dubbio. Che insinua dubbi sulla colpevolezza di Massimo Bossetti, condannato all’ergastolo per l’omicidio della ragazzina. Giardina è tra gli intervistati della serie.


La prova del Dna

Ma non è contento di come sono state montate le sue affermazioni: «L’ho vista e posso dire che l’ho trovata parziale. E non per il fatto che delle mie spiegazioni hanno preso soltanto la parte più banale. Hanno mandato in onda solo pochi frammenti della mia intervista. Ma, ripeto, non è questa la parzialità. Ovviamente parlo della parte scientifica». Giardina spiega che le pretese della difesa sulla falsificabilità dell’esame del Dna sono un’assurdità: «Partiamo dall’irripetibilità dell’esame del Dna rinvenuto sulle mutandine di Yara, su cui tanto la difesa ha dato battaglia. Intanto la non ripetizione dell’accertamento è la regola, non l’eccezione. Il Codice di procedura penale distingue infatti tra accertamenti ripetibili e irripetibili: ci sono valutazioni che possono essere fatte una sola volta, perché magari il reperto si distrugge o perché le tracce sono talmente esigue da rendere impossibile la ripetibilità».


I leggins di Yara

Il punto, spiega Giardina, è l’irripetibilità dell’esame del Dna rinvenuto sui leggins di Yara: «Immagini quanti campionamenti sono stati fatti. Più ci si allontanava dal punto in cui è stato trovato il Dna di Bossetti e meno c’era la possibilità di trovarne altro. Al termine degli accertamenti quello specifico estratto di Dna non era più disponibile per altre analisi; gli altri estratti sì, ma potevano non essere utili come il primo».

La difesa si lamenta anche di non aver potuto assistere all’esame. Ma questo è ovvio, spiega Giardina: «Al momento dell’individuazione non c’era neanche l’indagato. Come facevano a esserci i suoi legali?». Riguardo la presunta distruzione delle prove, invece, «i campioni di Dna sono stati trasferiti e non distrutti, perché un istituto universitario non è il luogo dove conservarli. Non condivido il fatto che siano stati trasferiti senza garantirne la corretta conservazione, ma occorre considerare che le tracce più rilevanti non sarebbero tra questi campioni».

Dna nucleare e mitocondriale

Giardina spiega anche la differenza tra Dna nucleare e mitocondriale: «L’avrei spiegato anche al pubblico, ma nella serie questa è una parte che ricordo di aver detto ma non ho trovato. Si continua a fare confusione per delegittimare il valore della prova scientifica. Ogni cellula umana contiene un Dna nucleare e uno mitocondriale. Il nucleare è presente in singola copia all’interno del nucleo di ogni cellula. Il mitocondriale nei mitocondri. Ogni cellula contiene un solo nucleo ma un numero variabile di mitocondri che va da zero a decine. Ogni nucleo contiene una molecola di Dna mentre ogni mitocondrio può contenere da una a diverse copie di Dna mitocondriale».

E quindi: «Le diverse cellule che compongono il nostro organismo contengono un numero fisso di nuclei (uno per ogni cellula) ma un numero variabile di mitocondri. Ne consegue che quando mescoliamo diversi tipi cellulari il rapporto tra Dna nucleare e quello mitocondriale varia in relazione al tipo di cellule. Nel caso della traccia di cui parliamo (mista) non sappiamo con quali cellule Bossetti e Yara hanno contribuito, e non possiamo quindi stabilire a priori un risultato atteso riguardo ai rapporti di Dna mitocondriale e nucleare. Non esiste pertanto alcuna anomalia che suggerisca l’inutilizzabilità della prova».

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