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L’attore Totò Cascio: «Sono diventato quasi cieco, come “Alfredo” in Nuovo Cinema Paradiso»

totò cascio alfredo philippe noiret nuovo cinema paradiso
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La retinite pigmentosa lo ha fatto rimanere in Sicilia per tutta la vita. Al contrario del suo personaggio nel film cult

Totò Cascio è il bambino-attore di Nuovo Cinema Paradiso, capolavoro di Giuseppe Tornatore con musiche di Ennio Morricone. Il film racconta la storia di un ragazzino che ha la passione del cinema e un grande amore e che a un certo punto abbandona il paesino siciliano dove è cresciuto senza padre per andare a Roma. Diventerà un regista e incontrerà di nuovo la sua fidanzatina dell’epoca. Quando è bambino, a convincerlo a emigrare è il responsabile del cinema di paese, Alfredo, interpretato da Philippe Noiret, che dopo un incendio al proiettore diventa non vedente. E a un certo punto, suggerendogli di andarsene dal paese, gli dice «Ora che ho perso la vista ci vedo di più». Cascio racconta oggi in un’intervista al Corriere della Sera che invece lui è rimasto in Sicilia, ma non si è “fatto fottere dalla nostalgia” come gli diceva Alfredo nel film: «Macché! Mi sono fatto fottere dalla malattia. Sono stato costretto a restare. Anche se posso dire che non è stato un male. Ormai la Sicilia è un set a cielo aperto. Anche qui si può fare del buon cinema».

La retinite pigmentosa

Cascio dice che il padre ha investito i suoi guadagni: «Abbiamo aperto due supermercati, a Palazzo Adriano e a Chiusa Sclafani. Uno lo gestisco io». Quelli del film, spiega, «sono luoghi fantastici anche se, purtroppo, vivono lo stesso dramma di altre aree della Sicilia: si stanno spopolando. Se non si danno una svegliata rischiano di restare dei bei paesi fantasma». L’attore aggiunge: «Ho lavorato fino al 2001 e mi sono risvegliato nel 2015. Quando ho capito che dovevo accettare la malattia. La retinite pigmentosa mi ha reso quasi cieco e mi sono rinchiuso nel mio guscio». Come Noiret nel film: «E come lui riuscivo a vedere con gli occhi del cuore. Per me esisteva solo la notte: l’unico momento della giornata in cui riuscivo a vedere benissimo. Sognavo di giocare a calcio, la mia grande passione. La notte avevo un’altra vita».

La malattia

Dice che all’epoca lo cercavano in «tantissimi. Mi chiamavano in tv e per il cinema. Ero io che rifiutavo ogni invito». Gli è stato vicino «del mondo del cinema nessuno, ma per colpa mia. Ero io a nascondermi. Per farlo inventavo continuamente scuse. I primi anni nessuno sapeva della malattia. Divenne una cosa pubblica dopo un’intervista a La Stampa. Fu uno spartiacque. Dire pubblicamente il nome della mia malattia fu liberatorio. Da quel momento è cambiato tutto». Ma poi ha incontrato Andrea Bocelli: «Per anni ho vissuto la malattia come una vergogna. Lui mi ha insegnato un concetto semplice: la disabilità non è un disonore. Poi ha fatto pure la prefazione al mio libro».

Alfredo e Totò

Oggi, dice, «sono ancora in giro con il mio libro. E, soprattutto, sono tornato al cinema. Ho già partecipato a due film, di Aurelio Grimaldi e Maurizio Trapani e ho tanti progetti. Sono felicissimo di essermi ripreso la mia vita». La malattia però non è più un ostacolo: «In un primo momento era questa la mia preoccupazione, poi un attore con il mio stesso problema mi disse: “Totò, il regista si adeguerà”». E ricorda quello che gli consigliava Alfredo: «Per me è una filosofia di vita. Se non ami quello che stai facendo non sarai mai soddisfatto. Oggi sono grato alla vita per quello che mi ha dato e non ho più tempo per lamentarmi per ciò che non ho più. La vita è straordinariamente imprevedibile ed è bella proprio per questo».

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