Il rapinatore diventato autista di ambulanze: «Durante i colpi non urlavo ma poi vomitavo bile»

Francesco Ghelardini ora ha cambiato vita: «Non riesci ad attribuire un vero valore al denaro che rubi»

Francesco Ghelardini ha 58 anni e un marcato accento milanese. Oggi è responsabile soccorritore alla Intersos di Abbiategrasso. Ma la sua è una storia complessa: «Cresciuto in Comasina, ho iniziato giovanissimo. Ero sveglio, mio fratello più grande era già nel giro. Ho sempre frequentato ragazzi più grandi. Un giorno ero al bar e mi fanno: “Vuoi venire a fare una rapina?”. Non ci ho neanche pensato». Ha cominciato a 18 anni. L’ultimo colpo è stato nel 2013. In mezzo tanta galera: «Come se avessi passato metà vita in carcere». Ha deciso di smettere «con quell’ultimo arresto. Ero a San Vittore, nelle celle prima di salire ai piani. Per la prima volta ho detto “no ca… io stavolta non ci sto dentro. La faccio finita”. Il carcere era cambiato, dentro avevo ritrovato gente più grande di me che aveva 65-70 anni ed era ancora in galera. Lì c’è stato lo switch mentale, senza alcun sintomo in precedenza».


Le storie del rapinatore

Tante le storie che racconta l’ex rapinatore all’edizione milanese del Corriere della Sera. Come quella del vecchietto che si offrì ostaggio al posto di un ragazzo che in preda a una crisi di pianto aveva avuto temuto d’essere ucciso. Invece lui si offrì di accompagnare i banditi fuori dalla banca. E una volta nella porta a bussola, si rivolse compiaciuto verso chi se ne andava con il bottino: «Bel colpo». Il carcere, però, non funziona: «Ma ti offre una possibilità. Sta a te coglierla, se vuoi uscire qualcuno ti noterà. Non te la vengono a porgere, sei tu che devi fare il passo avanti. Io l’ho fatto grazie a persone che mi hanno dato questa opportunità. Psicologi, educatori, sacerdoti, l’ex direttore di San Vittore, Luigi Pagano». E con le rapine «ne conosco pochi che sono riusciti ad arricchirsi veramente. Anche perché è vero che si rubano soldi, ma lo scopo della rapina in fondo non è il denaro…».


La bile dopo la rapina

Ghilardini spiega che «quando fai una rapina non pensi mai alla ricchezza fine a sé stessa. Alla fine rimani su una linea media, abbastanza costante. Il “lavoro” molto sostanzioso capita, ma non ho mai conosciuto un rapinatore che dicesse arrivo a un miliardo e mi fermo. Sono sempre andati avanti». Costruire un colpo non è facile: «Un esterno pensa che tutto duri pochi minuti, ma c’è la preparazione, lo studio dell’obiettivo, la preparazione psicologica. È come essere sul rasoio tutto il giorno. E anche il dopo rapina diventa emotivamente forte…». Perché lui «durante i colpi non urlavo, ero sempre molto calmo, ma buttavo fuori litri di sudore. Quando ci trovavamo con i complici per spartirci il bottino, vomitavo. Vomitavo bile. Farsi di cocaina a confronto è bere acqua fresca».

I suoi colpi

Dei suoi colpi dice che «nel ’92 mi sono “ballato” via 500 milioni di vecchie lire in otto mesi. Non riesci ad attribuire un vero valore al denaro che rubi». E il numero totale di rapine che ha fatto «Ehh, è difficile contarlo. Posso dire che quelle che in cui sono stato scoperto sono il 5%, ma ho fatto comunque più di vent’anni di carcere».

Leggi anche: