Il difficile ritorno di Sofia Goggia sugli sci dopo l’infortunio: «Il dolore c’è. Ecco qual è lo scenario peggiore»

La campionessa: le ossa danneggiate per ora sopportano solo sedute blande di allenamento

Sofia Goggia si è fratturata la tibia e il malleolo tibiale destri il 5 febbraio a Ponte di Legno. In questi giorni è tornata sullo Stelvio. Ma il recupero non è semplice. Lei ha tanta voglia di rientrare, ma anche molti dolori da affrontare. «Vacanze? Zero. Ho fatto 10 giorni a maggio, andrò 3 giorni al mare a fine luglio, dopo che sarò stata in Austria per impegni con la Red Bull. Ricomincerò a inizio agosto, poi fino alla partenza del 19 per l’Argentina con la squadra sarà una partita di ping pong, dice oggi in un’intervista al Corriere della Sera. Il dolore «devo capire come abbatterlo quando metto lo scarpone. Come disse Annibale valicando le Alpi, se non troveremo una strada, la costruiremo. Sperimenterò soluzioni in carbonio, sottili e su misura, da inserire tra calza e scarpone. Sono come parastinchi da calcio e dissipano le pressioni: devo trovare il set up per il training a Ushuaia».


Lo scenario peggiore

Per ora non è certa di sentire le giuste sensazioni: «È presto per dirlo, le ossa danneggiate per ora sopportano solo sedute blande. Io non mi lamento mai: con le ginocchia che mi ritrovo sarebbe impossibile sciare ad alto livello, ma ormai sono abituata. Ora è diverso: il dolore c’è. Il problema è la guaina del tendine tibiale anteriore, recisa per mettere la piastra: ha una parte adesa e una libera ed è quest’ultima che mi fa vedere le stelle». Secondo i medici «avrei dovuto riprendere lo sci dopo 6 mesi. Secondo il dottor Panzeri il dolore non passerà e dovrò gestirlo. Lavoro in palestra e faccio atletica, ma non posso ancora correre a causa delle parestesie che danno una percezione alterata della sensibilità. Il ct Gianluca Rulfi mi ha poi palesato lo scenario peggiore». Ovvero: «Saltare la stagione, levare le placche a novembre e lavorare nell’ottica dei Giochi 2026: è un’ipotesi da considerare. Però se troverò la quadra con scarpetta e scarpone tutto andrà in crescendo. Ed è ciò che mi auguro».


La paura con gli sci

Dice di aver avuto paura quando ha rimesso gli sci: «Alle prime curve ho pianto sotto la maschera». E nei mesi successivi ha avuto paura di non farcela: «Ho avuto un periodo di black out nel quale sì, ho pensato che non sarei più stata sciatrice d’alto livello. Ho patito terribilmente questo incidente». In compenso, ha riempito il tempo libero con lo studio: «In una sessione ho dato 8 esami di Scienze politiche alla Luiss: la media degli studenti è 6 in un anno… Studiavo dopo pranzo e alla sera, in alternanza con la riabilitazione. Ora di libri non ne posso più: non ho in programma letture estive, meglio la mountain bike che ho ritrovato dopo le piogge e il troppo fango. Andare in bici in discesa regala emozioni».

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