La prof perseguitata dalle sanzioni del preside vendicativo. Il Tar respinge il ricorso del dirigente: dovrà pagare la multa

L’Anac aveva riconosciuto che i procedimenti contro l’insegnante erano ritorsioni. Il dirigente ha impugnato la decisione, ma non è andata come sperava

Arriva a un punto il lungo contenzioso tra il preside e una professoressa del liceo Francesco De Sanctis di Sant’Angelo dei Lombardi, un piccolo comune in provincia di Avellino. Il Tar del Lazio ha respinto il ricorso presentato dal dirigente scolastico che contestava una multa di 5mila euro inflittagli dall’Autorità Nazionale Anticorruzione (Anac) per una serie di ritorsioni messe in atto contro l’insegnante in questione. La vicenda ha inizio il 3 giugno 2022, quando la docente, in servizio a tempo indeterminato, dichiara di essere vittima di vendetta da parte del preside per aver denunciato una serie di presunti illeciti all’interno della scuola.


Le segnalazioni della docente contro il preside

Nei mesi precedenti, infatti, l’insegnante aveva accusato il dirigente di comportamenti scorretti e gestione poco trasparente delle risorse. Più nel dettaglio, aveva denunciato la mancata pubblicazione di documenti cruciali, come i verbali delle riunioni del Collegio dei docenti e del Consiglio di Istituto, violando così le regole di trasparenza. La docente aveva poi criticato la gestione delle telecamere di sorveglianza esterne alla scuola: sebbene fossero state installate correttamente, non erano state registrate ufficialmente, e la donazione ricevuta per l’operazione non era stata formalmente accettata dal Consiglio di Istituto. Le accuse della professoressa riguardavano anche la selezione dell’Animatore Digitale (il docente che guida l’innovazione digitale tra le mura scolastiche) che, secondo quanto segnalato dalla prof, sarebbe avvenuta senza il necessario coinvolgimento del Collegio dei Docenti. Per segnalare queste irregolarità, la professoressa si era rivolta all’Ufficio Scolastico Regionale della Campania, alla Procura della Repubblica e alla Procura della Corte dei Conti di Napoli.


La vendetta del dirigente

A quel punto, la vicenda prende una piega delicata. In risposta alle denunce ricevute, il dirigente scolastico inizia a mettere in atto una vera e propria vendetta, avviando una serie di procedimenti disciplinari contro la prof, alcuni dei quali culminati in sanzioni. Tra le accuse mosse dal preside si contano presunti comportamenti inappropriati della prof, come l’invio di email durante l’orario di lavoro e altre violazioni che il preside taccia come lesive della dignità dei colleghi. Ma la docente non demorde e decide di denunciare la situazione all’Anac, dichiarando di essere vittima di ritorsioni. Diversi mesi dopo, all’incirca nella prima settimana di ottobre 2022, l’Anac – l’agenzia incaricata di contrastare illegalità e corruzione e di garantire la trasparenza – richiede ulteriori documenti alla professoressa per valutare la possibilità di avviare un procedimento sanzionatorio contro il dirigente. In pochi giorni, la docente fornisce la documentazione richiesta, e l’Anac avvia ufficialmente un’inchiesta. Tra il materiale inviato, spunta anche un audio in cui si sente il dirigente che propone alla professoressa di ritirare le sue denunce in cambio della cancellazione delle sanzioni a suo carico.

Le verifiche dell’Anac sulle ritorsioni del dirigente

A inizio inchiesta, l’Anac sollecita una serie di chiarimenti per iscritto anche al dirigente, il quale però fa domanda per avere una proroga e avere così più tempo per presentare i documenti in questione. Richiesta che viene tuttavia rifiutata dall’ente. Nel merito della vicenda, dal canto suo il dirigente si difende e sostiene che le sue sanzioni erano in realtà corrette e non erano ritorsive perché basate su segnalazioni di terzi. E dichiara che le segnalazioni fatte dalla docente non potevano essere tutelate dalle norme per i whistleblower (coloro che denunciano attività illecite), affermando che le segnalazioni della prof erano state fatte in qualità di rappresentante sindacale, e non come denunciante di illeciti. Tuttavia, queste argomentazioni non convincono l’Anac, che lascia il dirigente con la bocca asciutta, riconoscendo alla prof le vesti di whistleblower e di aver subito ritorsioni. Le sue denunce, presentate alla Procura della Repubblica e alla Corte dei Conti nel maggio 2022 e firmate da lei stessa, le garantiscono questa protezione. L’Anac ha quindi ritenuto che le motivazioni delle sanzioni disciplinari applicate dal preside fossero pretestuose, sproporzionate e mirate esclusivamente a penalizzare la docente. Un esempio eclatante è rappresentato da una sanzione inflitta per un presunto comportamento scorretto a scuola in un giorno in cui la professoressa era assente per un permesso. Senza contare che il dirigente non ha fornito prove sufficienti per dimostrare il contrario. Da qui, la multa di 5mila euro a carico del preside.

Il ricorso (fallito) del dirigente

A questo punto, il dirigente decide di impugnare la decisione dell’Anac, presentando ricorso con quattro ragioni. Prima di tutto, sostiene che il rifiuto dell’Anac di concedere una proroga per la presentazione dei documenti avrebbe violato principi costituzionali. In secondo luogo, afferma che le segnalazioni della professoressa sarebbero state fatte in qualità di rappresentante sindacale e non come whistleblower. Terzo, contesta che le segnalazioni della docente non avevano avuto alcun seguito. Dal canto suo, l’Anac respinge le argomentazioni del dirigente, difendendo la propria posizione con forza e confermando che le sanzioni imposte alla docente erano ritorsive, a prescindere dall’esito delle segnalazioni. Inoltre, sottolinea che la prova audio, in cui il dirigente sembrava offrire di annullare le sanzioni in cambio del ritiro delle denunce, era ulteriore conferma delle sue intenzioni ritorsive, nonostante il dirigente avesse giustificato le sue parole come un tentativo di ripristinare relazioni pacifiche. Il Tar del Lazio, dopo aver esaminato il ricorso, ha deciso di rigettarlo, confermando che la decisione dell’Anac era corretta e ben motivata. Ha quindi stabilito che la protezione per i whistleblower si applica anche quando le segnalazioni sono presentate con l’assistenza di un sindacato, e ha confermato la multa di 5mila euro a carico del dirigente per comportamenti ritorsivi.

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