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«Poveretta», «demente», «oca giuliva», «gallina»: Sgarbi va a giudizio per gli insulti all’ex presidentessa di Italia Nostra. Il centrodestra non lo salva – Il video

24 Luglio 2024 - 14:06 Alba Romano
La donna era stata travolta da una tempesta di insulti durante una trasmissione andata in onda nel 2019 su Radio Radicale

Vittorio Sgarbi non potrà essere coperto dall’immunità parlamentare nel processo civile in corso davanti al tribunale di Firenze per la richiesta di risarcimento danni presentata dall’ex presidentessa di Italia Nostra, Mariarita Signorini, che aveva fatto causa al critico d’arte ed allora parlamentare dopo essere stata travolta da una tempesta di insulti durante una trasmissione andata in onda il 19 ottobre 2019 su Radio Radicale. Lo ha deciso la giunta per le autorizzazioni della Camera dei deputati su proposta della relatrice, la leghista Laura Cavandoli.

Lo scontro nato sul prestito di un disegno di Leonardo al museo del Louvre

La trasmissione dell’epoca riguardava il trasferimento temporaneo del disegno di Leonardo da Vinci, “L’uomo vitruviano”, dall’Accademia di Venezia al museo del Louvre di Parigi. Sgarbi era favorevole alla scelta fatta dall’allora ministro dei Beni culturali, Dario Franceschini, anche perché in cambio l’Italia avrebbe ricevuto dal Louvre alcune opere di Raffaello. La Signorini era contraria e per questo aveva impugnato al Tar quel prestito (ricorso poi respinto). Del tema Sgarbi aveva parlato alla Camera durante una audizione di Franceschini, per cui la sua difesa in giunta ha sostenuto che c’era un nesso funzionale con l’attività parlamentare che avrebbe fatto scattare l’immunità prevista dall’articolo 68 della Costituzione per opinioni espresse nell’esercizio delle funzioni parlamentari. Ma il centrodestra- cui Sgarbi appartiene- e che aveva sempre difeso in giunta il critico d’arte, ha detto di no, che questa volta si era abbondantemente sorpassato il limite.

L’incredibile serie di insulti e contumelie di Sgarbi alla ex presidentessa di Italia Nostra

La leghista Cavandoli spiega infatti nella sua relazione che «nel corso del dibattito entrambe le parti hanno usato toni forti a sostegno delle loro tesi, ma l’onorevole Sgarbi si è lasciato andare ad alcune espressioni oggettivamente volgari nei confronti della dottoressa Signorini, che costituiscono appunto l’oggetto della richiesta di risarcimento del danno». Nella relazione vengono citati alcuni degli improperi rivolti da Sgarbi alla ex presidentessa di Italia Nostra: «poveretta che dice cose senza senso», «il ricorso potete metterlo nel buco del culo», «demente che non sa quello che dice», «sei una cogliona totale», «oca giuliva», «mente bacata e malata», «morta di sonno», «sei alterata nel cervello», «gallina», «approfittatrice», «incapace», «ignorante come una capra», «che parla a cazzo», «va a fare in culo».

Anche per la Corte Costituzionale i parlamentari non hanno libertà di offesa degli altri

Secondo il testo poi votato dalla giunta con i complimenti di Pd e M5s alla relatrice leghista gli insulti volgari non possono essere considerati «opinioni» e Sgarbi li avrebbe utilizzati solo per «screditare l’avversario mediante l’evocazione di una sua pretesa indegnità o inadeguatezza personale, ovvero con l’offesa fine a se stessa, anziché mediante la critica del suo pensiero e del suo operato». La Cavandoli ha ricordato che anche la Corte costituzionale ha stabilito che «l’uso del turpiloquio non fa parte del modo di esercizio delle funzioni parlamentari» e che «le stesse espressioni non possono essere ritenute esercizio della funzione parlamentare quando usate al di fuori delle Camere stesse». Dopo la decisione della giunta la scelta finale ora spetterà all’aula, dove però non tira una buona aria per Sgarbi. Che rischia così una pesante condanna civile.

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