La serie Netflix su Yara, parla Massimo Bossetti: «Una vera angoscia vederla, ma ringrazio per avermi dato voce»
Sta facendo discutere, e non poco, la nuova serie di Netflix Il caso Yara: oltre ogni ragionevole dubbio. Ora interviene anche uno dei protagonisti della vicenda: Massimo Bossetti, l’operaio 53enne condannato all’ergastolo per l’omicidio di Yara Gambirasio, la 13enne scomparsa il 26 novembre 2010 e ritrovata assassinata il 26 febbraio 2011. In una lettera inviata al programma Iceberg di Telelombardia, Bossetti ha messo nero su bianco cosa ha provato nell’aver visto la serie, in particolare descrivendo l’angoscia che lo avrebbe travolto durante la visione, che ha riportato alla memoria il momento dell’arresto e le sue esperienze durante la detenzione. «Mi ha fatto molto emozionare. Descrivere l’angoscia che ho provato nel vederlo è quasi impossibile, il cuore ora come allora mi scoppia dentro», ha scritto l’omicida.
La lettera di Massimo Bossetti
«Prima la paura. Tanti, tanti militari tutti addosso a me che non capivo nemmeno cosa stesse succedendo. Poi, sdraiato nella mia branda, nelle solitudini, nelle sofferenze delle mie notti quasi a scandire con forza il passare del tempo. Poi, quando davanti alle telecamere avrei voluto raccontare tutto, svuotare il sacco delle emozioni, batteva tanto forte che i fonici hanno dovuto interrompere le riprese: il battito era troppo forte!», sono le parole di Bossetti. «Disturbava i microfoni. Rivedermi, rivivere ogni istante fa male, ma voglio ringraziare per avermi dato voce», ha aggiunto. Nei giorni scorsi, sulla serie è intervenuto anche l’avvocato dei genitori della piccola Yara, Andrea Pezzotta. «Non aggiunge nulla di nuovo rispetto alle solite cose che dice la difesa ed è stata creata con un taglio innocentista. Alla luce di questo, siamo ben contenti di non averne preso parte», ha dichiarato il legale.
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