La Corte di giustizia europea boccia i requisiti del Reddito di cittadinanza: «10 anni di residenza sono discriminanti per gli stranieri»
La Corte di giustizia dell’Unione europea ha bocciato l’Italia sui criteri stabiliti nel 2019 dal governo Conte per concedere il reddito di cittadinanza, emettendo una sentenza significativa sul trattamento dei cittadini provenienti dall’estero che soggiornano per lunghi periodi in Italia. Secondo la Corte, l’Italia non può imporre che i cittadini di paesi terzi debbano risiedere nel paese per almeno dieci anni, di cui gli ultimi due continuativi, per poter accedere a prestazioni sociali, assistenza sociale e protezione sociale. Questo requisito è stato considerato una «discriminazione indiretta» perché, di fatto, penalizza in modo sproporzionato i cittadini stranieri, ha affermato la Corte pronunciandosi su un rinvio a Lussemburgo del Tribunale di Napoli, relativo al reddito di cittadinanza. La direttiva europea, ha ricordato la Corte di giustizia Ue, prevede che lo status di soggiornante di lungo periodo venga concesso dopo aver vissuto per cinque anni senza interruzioni. Status che deve essere sufficiente a garantire a queste persone i diritti e le condizioni paragonabili a quelli dei cittadini del paese in cui vivono, riguardo a prestazioni sociali, assistenza sociale e protezione sociale.
Il caso
Il caso è nato da un rinvio del Tribunale di Napoli alla Corte di giustizia dell’Unione europea, a seguito dell’accusa verso due cittadine di paesi terzi soggiornanti da lungo periodo in Italia. Queste erano state accusate di aver falsamente dichiarato di avere i requisiti, tra cui quello di residenza per almeno 10 anni nel nostro Paese, per ottenere il reddito di cittadinanza. E aver quindi percepito rispettivamente 3.414 e 3.187 euro, in modo illegale. Tuttavia, la Corte ha imposto all’Italia (ma in generale vale per gli Stati membri), il divieto di sanzionare penalmente una falsa dichiarazione che riguarda un requisito di residenza che è illegale secondo la normativa europea.
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