Il notaio e le donazioni dei genitori ai figli: «Ecco come farle senza rischi di abbandono»

Giulio Biino: aiutare i figli a mano calda, lasciare il resto a mano fredda

L’avvocata Annamaria Bernardini de Pace ha sconsigliato le donazioni dei padri ai figli, incitando i genitori a «spendere tutto in alberghi di lusso». Perché «poi vi abbandonano», ha detto. Giulio Biino, notaio di Torino e presidente del Consiglio Nazionale del Notariato, però non è d’accordo: «Be’, sì. Un suggerimento così drastico non può essere universale. Certo, esistono situazioni familiari particolari, il testatore magari nutre una sentimento di rivalsa. Ma quando una famiglia la si è voluta, costruita e difesa, no. I ragionamenti da fare sono altri». Ovvero: Anche il notaio affronta situazioni in cui le patologie familiari sono evidenti. Ma è dovere del professionista provare a far ragionare il cliente, aiutarlo a pianificare la successione ed evitare che gli eredi finiscano davanti a un giudice».


I notai e le eredità

Il notaio spiega che «i clienti si avvicinano a noi sapendo che proveremo a risolvere i loro problemi senza farli finire in tribunale. Che vuol dire: dolore, lacrime, soldi spesi. Questa è la principale funzione sociale del notaio». Mentre la divisione giudiziale di una comunione ereditaria può durare «se si arriva in Cassazione, anche dieci anni. Dieci anni di sangue avvelenato e tensioni fra eredi. Non un bel modo di ricordare e ringraziare chi ci ha lasciato i suoi beni. All’avvocata Bernardini de Pace vorrei dire: bisogna costruire una successione adatta a ogni situazione, passare tutto così com’è agli eredi — magari senza testamento, con la successione legittima — non è buona idea».


E quindi, è il ragionamento, meglio non blindare i figli in una comunione ereditaria: «Ho tre immobili e tre figli: lasciarli comproprietari di tutto è rischioso. C’è chi non potrà liquidare i fratelli, chi non vorrà farlo: litigi assicurati. Aggiungo: il testamento, redatto con l’aiuto di un notaio, consente di lasciare ai singoli eredi ciò di cui hanno bisogno o più desiderano. Io chiedo incontri anche con i figli, magari in occasioni separate. Col ragionamento e l’amore di cui parlava Massimo Gramellini nel suo Caffè , alla soluzione si arriva».

Aiutare i figli a mano calda

Il che vuol dire, spiega Biino, «aiutare i figli a mano calda, lasciare il resto a mano fredda». Ovvero: le donazioni in vita sono una buona idea. Ma è meglio tenersi l’usufrutto. Poi, un buon testamento. «Condivido in pieno. Questa soluzione consente di evitare i rischi enfatizzati dall’avvocata Bernardini de Pace (“Se gli hai dato tutto, i figli se ne fregano di te e poi non ti assistono”, ndr ). Aggiungo: le imposte di donazione e di successione, al momento, sono uguali. Se dono oggi la casa a mio figlio, l’imposta è certa. Ma quale sarà l’imposta di successione fra tre, dieci, vent’anni?».

Avidità e necessità

Ma il notaio non si nasconde nemmeno le condizioni economiche di partenza: «In media, noi abbiamo guadagnato più dei nostri genitori; i nostri figli guadagnano meno di noi. Tanti litigi sull’eredità non dipendono dall’avidità, ma dalla necessità. Un tempo le spese fiscali e notarili dell’atto di donazione le pagava il donatario, oggi il donante: non è un caso». Davanti ai conflitti ereditari in casa Agnelli e Del Vecchio, cosa dice il presidente dei notai italiani? «Che è triste e quasi incomprensibile. Ho notato che i grandi imprenditori sono attentissimi a migliorare le proprie aziende, a gestire il patrimonio in vita. Ma forse pensano poco a quello che viene dopo, al passaggio generazionale. Questa distrazione provocherà incomprensioni e toglierà serenità alle famiglie».

Leggi anche: