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Il Mostro di Firenze e il giallo del nuovo Dna “sconosciuto” trovato su un proiettile

mostro di firenze dna
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Era conficcato nel cuscino della tenda dell'omicidio del 1985. Il genetista, ila sequenza ricavata per sottrazione e l'autopsia da fare a Pettini

Il 21 agosto del 1968 Antonino Lo Bianco e Barbara Locci vengono uccisi mentre sono appartati nelle campagne vicino al cimitero di Signa. Il figlio di Locci, Natalino, si trova sul sedile posteriore mentre i due amoreggiano e viene risparmiato. Questo è tradizionalmente il delitto in cui compare per la prima volta la pistola Beretta calibro 22 con cui il Mostro di Firenze firmerà i sette duplici omicidi successivi, dal 1974 al 1985. L’arma non è stata mai ritrovata. Mentre un proiettile ritrovato nel suo giardino farà parte delle prove nei confronti di Pietro Pacciani. Morto in attesa del processo d’appello dopo l’annullamento della sua assoluzione da parte della Cassazione. Mentre Mario Vanni e Giancarlo Lotti sono stati condannati all’ergastolo e a 26 anni di reclusione. Oggi il Dna di uno sconosciuto riapre l’inchiesta che è durata vent’anni.

Il Dna

A 30 anni dall’omicidio di Scopeti, dove persero la vita Nadine Mauriot e Jean Michel Kraveichvili, un proiettile conficcato nel cuscino della tenda dei due ragazzi è stato ritrovato il 30 giugno 2015. Il proiettile, denominato V3, è stato esaminato nel 2018 da una équipe guidata dal genetista Ugo Ricci. La squadra di medici ha individuato un profilo ricorrente, mescolato a un secondo profilo sconosciuto. L’ematologo italiano Lorenzo Iovino ha analizzato le sequenze del Dna. «Il secondo Dna sul reperto V3 non solo non è compatibile con quello delle vittime e del secondo perito balistico che aveva maneggiato il reperto, ma neanche con quello di alcuni indagati, o delle tracce di Dna di altri sconosciuti isolate da Ricci sui pantaloni di Jean Michel e sulla tenda», dice Iovino all’edizione fiorentina di Repubblica.

La sequenza e gli altri delitti

In più la sequenza ottenuta ricorre in modo parziale anche sui proiettili di altri due duplici omicidi. Ovvero quelli di Horst Wilhelm Meyer e Jens-Uwe Rüsch (9 settembre 1983) e di Pia Rontini e Claudio Stefanacci (29 luglio 1984). «Il Dna dell’assassino potrebbe essere rimasto impresso mentre incamerava i proiettili», aggiunge il medico, che ha costantemente aggiornato dei suoi studi l’avvocato Vieri Adriani. «Alcuni delitti (come il primo del 1968) non sono stati coperti da giudicato, e le sentenze stesse hanno ipotizzato una pluralità di attori. Per questo sarebbe fondamentale utilizzare a pieno i risultati delle consulenze genetiche già svolte».

Un profilo sconosciuto

Il profilo sconosciuto, spiega ancora Iovino, emerge per sottrazione. E sarebbe importante, spiega l’esperto, compararlo con quello di Stefania Pettini, che fu uccisa a Vicchio il 14 settembre 1974 con Pasquale Gentilcore. «Sappiamo dalla consulenza medico-legale che potrebbe aver lottato con l’assassino. Non è impossibile pensare che ci siano campioni biologici sotto le sue unghie», dice ancora Iovino. Per questo Adriani si prepara a chiedere ai familiari della ragazza la riesumazione del corpo. «Certo, è possibile che non si trovi nulla, per il tempo trascorso o per lo stato di conservazione del cadavere troppo deteriorato. O che, anche in caso di esito positivo, il Dna possa essere incompleto o non comparabile. Resta il fatto che nei casi non risolti bisogna tentare tutto il tentabile. Confrontandomi con esperti del settore medico-legale, confermo che la ripetizione dell’autopsia è altamente auspicabile», conclude.

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