Dalla «trap in ospedale» al nuovo mondo: Thasup è tornato per stupirci ancora

«sFaCioLaTe miXTaPe» è il terzo album di Thasup, vero nome Davide Mattei

L’uscita di un nuovo lavoro era assai attesa ma le speranze erano poche. Le notizie che giravano su di Thasup – nome d’arte del rapper e produttore Davide Mattei – più che altro riguardavano un triste ricovero in ospedale a causa di forti attacchi d’ansia che, come ha scritto sui propri canali social, «non è più gestibile e mi sta togliendo qualche anno di vita». Non la voglia di fare musica: «Proverò con tutte le forze a farla sparire e tornare a fare quello che amo». A testimonianza del dolore e della forza restano le foto dal letto d’ospedale, con microfono e computer attivi, ed un messaggio chiaro: «Comunque sto bene. Sto cucinando la trap anche dall’ospedale». Quindi sorpresi si, ma fino ad un certo punto, dell’uscita lo scorso venerdì di sFaCioLaTe miXTaPe, il nuovo album di Thasup, classe 2001 da Fiumicino.


Una famiglia, più nickname, una grande storia

In realtà il lavoro sarebbe firmato yungest Moonstar, che è un alter ego di Thasup; conosciuto in precedenza come Tha Supreme, poi accorciato non si sa bene se per motivi di copyright rispetto alla nota marca di abbigliamento, o per segnare una nuova venuta al mondo dopo essersi messo in mostra come producer fin dal 2017, da quando Davide Mattei aveva appena 16 anni, e accompagnato da sua sorella Sara, conosciuta da tutti come Mara Sattei, ha iniziato a dominare suoni e visioni dell’industria. La sua è un’esplosione senza volto: Thasup vive attraverso un avatar con una faccia viola incorniciata dal cappuccio di una felpa da cui vengono fuori due piccole corna e un’aureola dorata. Salmo già nel 2017 si accorse del tocco fuori dall’ordinario dell’urban italiano e decise di affidargli la produzione di Perdonami, uno dei tanti eccezionali pezzi di quel disco eccezionale che fu (è) Playlist. Da lì parte il walzer di featuring e collaborazioni con alcuni dei nomi più importanti della scena rap italiana, ma il salto avviene con la pubblicazione di 23 645, un disco sconcertante sotto ogni possibile profilo.


Il successo

Un giovanissimo producer certifica un carattere musicale preciso al millimetro, riconoscibilissimo, talmente solido da riuscire a far diventare, come mai fatto prima, il gergo pura letteratura, cantautorato vibrante, un’opera dai tratti futuristi, una nuova lingua, parlata e scritta, dentro la quale un’intera generazione si può rifugiare. Una chicca da cinque dischi di platino della FIMI. Il pubblico ne vuole ancora, ne vuole di più, così come i colleghi, che non vedono l’ora di confrontarsi con quel mondo che appare accessibile esclusivamente attraverso il tocco di un ragazzo dalle mani d’oro di Fiumicino. Ma per il suo secondo album bisogna aspettare il 2022, il disco si intitola c@ra++ere s?ec!@le (tradotto: Carattere speciale) e per capire la portata del lavoro basta scorrere la lista di nomi che hanno accettato di affiancare il loro nome al suo, da Coez a Rkomi, da Tananai a Lazza, da Sfera Ebbasta ai Pinguini Tattici Nucleari, fino a Salmo e Tiziano Ferro. C’è qualcosa nel modo libero ed extraterrestre di Thasup che brilla, lo spessore è intellettuale ma senza spocchia, vive di un istinto che tocca apici talmente sconosciuti nell’ambiente rap italiano da assumere i connotati del manifesto, di uno sguardo finalmente autentico sulla vita da parte di un artista giovane. D’altra parte non si conosce il suo vero volto, non rilascia interviste, rifiuta qualsiasi tipo di confronto o celebrazione pubblica, forse conscio, aldilà delle tattiche, che quando l’arte è arte può anche bastare a chi assiste, senza aggiungere spot.

sFaCioLaTe miXTaPe

Il nuovo album è composto da 21 tracce, dentro ci ritroviamo quella fascinosa scoordinazione, come quella che graficamente si manifesta nei suoi titoli, quell’oscillazione tra maiuscolo e minuscolo, numeri e parole, con la voce appena appena accennata, che vive su un filo sottilissimo, acuto e a tratti disperato, rotto dal respiro, dall’umanità. Una trap che è come se ti circondasse di parole a pioggia. Nessun brano del disco tocca quota tre minuti, ma mentre in altri casi (troppi) la percezione è quella della pochezza dei contenuti, i brani di Thasup bastano: sono come tante piccole microinstallazioni, tagli di bisturi, pennellate incisive e potenti che restituiscono istantaneamente ciò che Thasup ha scelto di farci vedere dall’angolazione che ha scelto per noi. E tutti questi microscopici mondi esplosi grazie alla vibrazione dei suoi versi vanno a formare un’immagine nitida, un universo senza ombre, giovane, forte, cool, colorato, abissale e avanguardista. Un’immagine che non può essere nemmeno scomposta in analisi singole dei brani. Sarebbe un’operazione inutile e spoetizzante, come se per ammirare la grandiosità di un leone nella savana dovessimo crudelmente vivisezionarlo.

Se mettiamo da parte la collaborazione in un paio di tracce del collega Miles, il disco è stato interamente composto e prodotto da solo. Non si tratta di un vezzo, non si tratta di egoismo né tantomeno della possibilità di ospitare chicchessia, ma solo che non era tempo e luogo di una narrazione che prevedesse seconde voci. Questa di Thasup è una liberazione che puzza della malinconia del blues più impegnato, le atmosfere sono giovani e moderne, non c’è quell’epicità e seriosità del genere, ma il ragazzo coglie pienamente l’approccio intimo e romantico, riuscendo a farlo proprio. sFaCioLaTe miXTaPe infatti pulsa di pura vita. Dentro ci sono cicatrici profonde, una storia d’amore evidentemente finita molto male che brano dopo brano viene assorbita e risolta, i giorni del ricovero in ospedale, il lato oscuro della musica, una consapevolezza nuova, più matura, che si manifesta anche musicalmente attraverso un’esposizione che pone l’accento su certi concetti, fisiologicamente più adulti rispetto al passato e che comunque vengono presi di petto, con la sfrontatezza e la forza della giovinezza. Il Thasup ascoltato fino ad oggi riportava immagini, quello attuale sente la necessità del racconto, di accogliere nel proprio mondo fatto, come tutti i mondi, di luci e ombre, chiunque ascolti. La musica di Thasup è come se vivesse su un pentagramma a parte: i tempi della melodia, i tempi delle parole, sono distorti, allungati e smorzati a piacimento, come se fosse riuscito straordinariamente a piegare la musica alla propria indole, a quelle tempistiche colorate che si nutrono di un istinto audace, spregiudicato, fortemente artistico. Thasup, nonostante la giovane età, è già un gigante della materia: un appellativo che spesso viene scomodato per tutti quei ragazzi che riescono a reggere già da piccoli il livello dei grandi, spesso surclassandoli. Pensiamo ad artisti come Fulminacci e Madame, capaci di imporsi fin da subito come giganti. Il caso Thasup è diverso perché lo è ciò che propone: unico, ispirato, magnetico. Thasup ha trovato il suo modo di guardare il mondo, ed è uno sguardo così intenso e musicalmente valido da permette a chiunque, anche a chi quella vitalità la può vedere solo attraverso uno specchietto retrovisore, di arricchirsi dalla sua visuale. Perché quello che vedi dentro e attraverso un pezzo di Thasup diventa un’esperienza irripetibile.   

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