Israele e la risposta a Hezbollah: cosa succede in Libano e perché l’Italia vuole fermare l’escalation

Netanyahu bombarda il sud del paese. Continua il lancio di razzi al confine. La trattativa sul fiume Litani per fermare tutto in extremis. E l’impegno di Tajani

Evitare l’escalation. Questo è l’imperativo delle diplomazie mentre Israele si prepara a rispondere a Hezbollah e bombarda il sud del Libano dopo la strage di ragazzini al campo di calcio nel Golan. L’attacco a Majdal Shams dà il diritto a Benjamin Netanyahu di rispondere e Israele ha il sostegno degli Stati Uniti. E il primo ministro ha promesso una replica dura: «Questi bambini sono i nostri figli. Lo Stato di Israele non vuole e non può permettere che ciò avvenga». Hezbollah intanto continua a lanciare razzi contro Israele. E si prepara alla risposta allo stato ebraico spostando missili di precisione e svuotando le postazioni al sud. Diversi paesi, tra cui l’Italia, chiedono ai propri concittadini di lasciare il Libano. E intanto Roma è in prima linea per evitare la guerra. Il centro della trattativa è il fiume Litani.


Il fiume Litani

Si tratta di una specie di confine naturale che si trova 30 chilometri più a nord rispetto a quello vero. Se i miliziani di Hezbollah si spostassero si verrebbe a creare una zona cuscinetto abbastanza ampia da rendere difficili gli attacchi quotidiani. Per questo è al centro di una trattativa diplomatica che coinvolge Washington, Beirut, Gerusalemme, Teheran, Abu Dhabi. Ma anche l’Italia. La proposta è quella di annunciare un ritiro da effettuare nelle prossime settimane. Realizzando così l’articolo 8 della risoluzione 1701 delle Nazioni Unite. E che porterebbe al rispetto degli accordi del 2006. Ma, spiega oggi Repubblica, questo piano va avanti da mesi senza soluzioni di continuità. A negoziare c’è il ministro degli Esteri italiano Antonio Tajani, che parla con Ysrael Katz e Bou Habib.


I soldati italiani e la rappresaglia già decisa

A Beirut ci sono sempre i soldati italiani della missione Unifil. Il contingente è schierato vicino alla Linea Blu. Per questo la posizione dell’Italia è importante. Ma secondo alcune indiscrezioni la trattativa sarebbe inutile. Perché Netanyahu ha già contrattato con Joe Biden i termini della risposta militare di Israele. Il quotidiano spiega che se ne occupa l’inviato speciale americano per il confine israelo-libanese, Amos Hochstein. Da sabato ha il compito di parlare con gli israeliani e di convincerli a calibrare il loro inevitabile attacco di risposta. Il modello che tutti hanno in mente è quello del bombardamento dell’Iran contro Israele nella notte tra il 13 e il 14 aprile. Seguito da un’azione di rappresaglia israeliana. In molti si aspettavano che la situazione portasse a una guerra totale e invece le due operazioni belliche – reali, non simboliche – furono considerate sufficienti da entrambe le parti per ritenersi soddisfatte.

Guerra a tutto campo

Israele rischia di trovarsi sotto il fuoco di migliaia di missili e non può ignorare le richieste che vengono dagli Usa. Un funzionario del gruppo libanese ha detto all’agenzia di stampa France Presse che la posizione della milizia non è cambiata e che non vuole una guerra a tutto campo con Israele. Ma se scoppiasse il conflitto combatterebbe senza limiti. Per questo, ha continuato il funzionario, Hezbollah ha iniziato a spostare alcuni dei suoi «missili intelligenti a guida di precisione» da usare se necessario. E il rischio è che scenda in campo anche l’Iran. Il presidente Masoud Pezeshkian ha già detto ad Emmanuel Macron che ogni attacco di Israele al Libano avrà gravi conseguenze. Anche le comunità druse siriane e libanesi hanno chiesto a tutti un passo indietro per evitare una guerra che sembra ormai inevitabile.

Il Golan

L’attacco del missile ha colpito un territorio che formalmente appartiene alla Siria. Ma le alture del Golan sono sotto occupazione israeliana. I drusi hanno hanno rifiutato spesso la cittadinanza israeliana ma si sentono lontani anche da Libano e Siria. Ora l’area rischia di diventare un fronte. Le alture del Golan sono un altopiano di grande valore strategico di cui Israele ha sottratto il controllo alla Siria durante la Guerra dei Sei Giorni, nel 1967 e ha poi annesso al proprio territorio nel 1981.

Oltre che per la loro dimensione, le alture del Golan sono un altopiano di grande valore strategico di cui Israele ha sottratto il controllo alla Siria durante la Guerra dei Sei Giorni, nel 1967 e ha poi annesso al proprio territorio nel 1981. Oltre che per la loro dimensione, 840 chilometri quadrati, le Alture del Golan sono importanti perché confinano con Libano e Giordania e per la vicinanza rispetto alla capitale siriana Damasco, visibile dalle colline della zona.

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