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Quando Giorgia Meloni era giornalista al Secolo d’Italia: «In redazione non c’era mai»

giorgia meloni giornalista secolo d'italia
giorgia meloni giornalista secolo d'italia
I ricordi dell'epoca: «Inviava solo qualche pezzo. E la porta girevole tra quotidiano e partito era la prassi». I casi Salvini e Tajani

La premier Giorgia Meloni ha attaccato spesso i giornali da quando è a Palazzo Chigi. Parlando dell’inchiesta di Fanpage sui saluti romani dei giovani di Fratelli d’Italia ha detto che un lavoro del genere «non era mai successo in 75 anni di storia repubblicana». Chiamando in causa persino il presidente della Repubblica. «In altri tempi sono i metodi che usavano i regimi, infiltrarsi nei partiti politici. Non è un metodo giornalistico, perché sono stati utilizzati anche degli investigatori», ha sostenuto. Eppure anche Meloni è giornalista. È iscritta all’albo dei professionisti dal 16 febbraio 2006. Esattamente come l’alleato Matteo Salvini, iscritto dal 1999 dopo l’esperienza a La Padania. E come Antonio Tajani, sospeso d’ufficio dopo una vita al Giornale e al Tempo.

Il Secolo d’Italia

Anche Meloni, come Salvini, ha lavorato come giornalista nell’organo ufficiale del partito in cui militava all’epoca, ovvero Alleanza Nazionale. Il Secolo d’Italia oggi è una testata online ed è diretto da Italo Bocchino. All’epoca ci hanno lavorato tante personalità del Movimento Sociale Italiano, come Teodoro Buontempo e Maurizio Gasparri. Lei, racconta oggi Repubblica, nel suo curriculum non cita l’esperienza. Eppure qualcuno se la ricorda ancora. «In redazione non c’era mai. Inviava solo qualche pezzo. Ma comunque la porta girevole tra partito e quotidiano era prassi consolidata», racconta una fonte al quotidiano. Un’abitudine non solo sua, a sentire Gigi Moncalvo. Che quando dirigeva la Padania non vedeva mai Salvini in redazione.

Giorgia Meloni giornalista

Nel 2006 Gianfranco Fini criticò l’esperienza del Secolo d’Italia perché «avere un giornale così com’è non ha più ragione di esistere. Se voi sapeste quanto costa al partito…». Il giornale riceveva tre milioni di euro di finanziamenti pubblici. In edicola il Secolo d’Italia non c’è più dal 2012. «Il Parlamento, dall’una e dall’altra parte, è pieno di giornalisti. Non è solo Meloni, parliamo di altre 23 persone che oltrepassano la soglia del palazzo e dimenticano da dove arrivano», dice la segretaria di Fnsi, Alessandra Costante.

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