L’urlo di Giovanni Toti dopo il ritorno in libertà: «Provo un senso di ingiustizia e impotenza»
L’ex presidente della Regione Liguria Giovanni Toti è libero. Ieri gli è stata notifica la revoca degli arresti domiciliari. Oggi in un’intervista al Corriere della Sera si sfoga: «Non voglio drammatizzare oltre misura, non è lo Spielberg e io non sono Silvio Pellico. Il posto è gradevole, la famiglia mi ha coccolato, ma ritengo francamente che le accuse, la tempistica, la dinamica e la carcerazione siano state un eccesso». Dice che lo ha chiamato «il presidente Mediaset Fedele Confalonieri. Ho parlato con tanti, Crosetto, Donzelli, Lupi. C’è un lungo elenco». Tra questi anche Salvini: «E l’ho ringraziato per la sua vicinanza».
Ingiustizia e impotenza
Toti dice che ai domiciliari ha provato «un profondo senso di ingiustizia e un po’ di impotenza, anche quella di un sistema politico che si è fatto mettere molto in subordine dal sistema giudiziario». Poi si difende nel merito dall’accusa di corruzione: «Le intercettazioni dimostrano solo un pezzettino della scena. Ho trovato uno spaccato della mia vita costruito, montato, indirizzato e analizzato sul rapporto con un’unica persona, ma il trattamento che Spinelli ha avuto da me è stato lo stesso di tutti gli imprenditori della Liguria ai quali abbiamo sempre dato attenzione perché crediamo nell’impresa, che poi finanziassero i miei comitati oppure no, non aveva importanza». Poi se la prende con «una certa politica italiana che frequenta le barche però punta il dito contro gli altri. Ho incontrato gli imprenditori ovunque».
La narrazione
Secondo Toti «la narrazione è la seguente: io ho davanti come presidente due imprenditori. Uno è un finanziatore dei miei comitati elettorali da sempre, l’altro non mi ha mai dato un soldo. Entrambi hanno una pratica legittima pendente negli uffici regionali e chiedono un interessamento della politica per un celere disbrigo. Se alzo il telefono e sollecito per il mio finanziatore sono corrotto, se lo faccio per l’altro ho fatto un atto di indirizzo politico. C’è qualcosa che non torna». E insiste: «Non c’era alcun accordo, nessun do ut des . Io non ce l’ho con la magistratura, ce l’ho con la politica che ha dato strumenti e leggi che hanno rotto l’equilibrio tra i poteri. Ho un profondo rispetto delle istituzioni e penso che i magistrati facciano il loro dovere. Dopodiché, penso che alcuni interpretino le norme in un modo che non condivido».
Le difese immunitarie della politica
Infine, arriva la metafora: «La politica non si rende conto di aver abbassato talmente tanto le difese immunitarie e che oggi la giustizia si è arrogata una sorta di giudizio morale sulla politica. Vorrei che le forze politiche prendessero spunto da questa vicenda per un ripensamento del sistema politico, delle responsabilità dei politici, degli strumenti di controllo e del finanziamento della politica per tornare a darle almeno la dignità degli altri poteri dello Stato. Io oggi vivo l’espressione più grave di questo conflitto di poteri».
E spiega: «Proseguendo il braccio di ferro con la magistratura di Genova avremmo di fatto paralizzato la presidenza della Regione. Essendo un’inchiesta dai connotati politici molto spiccati è giusto che i cittadini esprimano il loro parere con il voto». Alle elezioni «ci sarà una lista civica, con o senza il nome Toti. Io non mi candido». In autunno potrebbe esserci già il processo. «Ho un sacco di cose che non ho avuto modo di dire».
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