Così Israele si prepara all’attacco dell’Iran: «Ma una guerra totale sarebbe un pericolo»

La controffensiva in preparazione. L’aiuto di Usa e Gb. L’anello dei missili creato dagli ayatollah. La difficoltà ad annullare hamas. E il ritiro di Hezbollah dal fiume Litani come soluzione diplomatica

Una rappresaglia corale con la partecipazione di molte milizie armate. Questo ha fatto trapelare l’Iran a proposito della vendetta per la morte di Haniyeh che Teheran sta preparando. La tv di stato iraniana ha detto che nelle prossime ore «il mondo assisterà a scene straordinarie». Il Corriere della Sera spiega oggi che a prepararsi alla rappresaglia ci sono l’Hezbollah libanese, gli Houthi, le brigate sciite irachene, Hamas e la Jihad islamica. Ovvero le fazioni dell’«anello dei missili» creato dagli ayatollah in Medio Oriente. Un attacco concentrico potrebbe mettere in difficoltà le difese dello stato ebraico. E per questo gli alleati di Israele cominciano a prepararsi. Gli Stati Uniti inviano navi, la Gran Bretagna prepara la sorveglianza. Mentre secondo gli esperti Hezbollah si prepara a fronteggiare Israele e alla controffensiva.


La controffensiva

La Casa Bianca potrebbe spostare anche altri aerei da combattimento. Nel golfo di Oman c’è già la portaerei Roosevelt, mentre altre unità sono nel Mar Rosso dove stanno difendendo i container commerciali dagli attacchi degli Houthi. Mentre il Regno Unito lavora alla sorveglianza con i satelliti e i velivoli spia U-2. Un esperto ha intanto segnalato l’atterraggio di un «Il 76» russo a Teheran. Non escludendo che portasse armi. Poi c’è lo scudo antimissile. Iron Dome ha già distrutto ad aprile molti dei droni lanciati da Teheran prima che arrivassero sul territorio israeliano. Intanto il premier Netanyahu ha avuto contatti con Washington e Londra. Una serie di radar raccoglie i dati sulle minacce. E li trasmette al Caoc americano in Qatar.


Il pericolo di una guerra totale

Ma, avverte il giornalista Anthony Samrani in un colloquio con il Corriere della Sera, il pericolo è una guerra totale. «Dal 7 ottobre gli israeliani hanno evitato di colpire i capi politici locali. Se lo facessero sarebbe in un quadro di guerra totale, l’ultimo gradino, il più grave dell’escalation bellica», dice. Secondo Samrani «il pericolo dell’avvitarsi incontrollato della crisi è oggi più grave di ieri. In linea di massima, Hezbollah, Iran e lo stesso Israele non lo vogliono. In particolare, a Teheran e tra gli alleati dell’”asse della resistenza” si crede che per il momento la vittoria sia loro. Israele non riesce ad annullare Hamas, mentre gli alleati dell’Iran si sono dimostrati una forza robusta in grado di minacciare il nemico nel lungo periodo. Certo, subiscono perdite tattiche da Gaza allo Yemen, all’Iran e in Libano, ma dal punto di vista strategico si percepiscono in vantaggio. Una guerra totale minaccia di stravolgere tutto. Il regime degli ayatollah inoltre non vuole che vengano distrutti gli arsenali di Hezbollah in Libano perché sono stati concepiti per difendere lo stesso Iran da un attacco di Israele».

Il ritiro di Hezbollah

Ma Samrani dice anche che il compromesso che prevede il ritiro di Hezbollah dalla linea del fiume Litani potrebbe essere la soluzione diplomatica per fermare il conflitto. «Hezbolla sarebbe pronto ad accettare. Ma prima dovrebbe scattare il cessate-il-fuoco a Gaza».

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