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«Imane Khelif è una donna ed è stata linciata»: in Fratelli d’Italia c’è chi critica Carini (e Meloni)

giorgia meloni angela carini imane khelif
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Rachele Mussolini e il senatore Barbano contro le fake news sulla «fantomatica dittatura woke». E su Carini: poteva combattere

«Imane Khelif è una donna. E ha subito una caccia alle streghe indegna». Mentre Angela Carini «avrebbe dovuto combattere, mostrando determinazione e spirito sportivo». Il caso della pugile intersex e della sua avversaria italiana, sollevato dal ministro dello Sport Andrea Abodi, non vede compatto il partito della premier. Dentro Fratelli d’Italia due esponenti criticano la pugile italiana che «ha detto no» all’incontro e, implicitamente, anche Giorgia Meloni che ha cavalcato la polemica. Si tratta del senatore di FdI Claudio Barbaro, che ha parlato in un’intervista a La Stampa, e della consigliera comunale di Roma Rachele Mussolini. Che con Repubblica parla addirittura di una «fantomatica dittatura woke» e dice che quando sente raccontare di «complotti di livello planetario per introdurre teorie gender» le cadono le braccia.

Mussolini e Barbano

Rachele Mussolini, nipote del Duce e figlia di Romano, dice di aver «capito che si può essere donna anche con un cromosoma X e Y. Che non è la produzione di testosterone a definire la predominanza sessuale. Né spesso dà vantaggi agli atleti. Khelif è nata donna. Ed è stata sconfitta da altre donne in carriera. Questo vuol dire che non è imbattibile». Mussolini aggiunge che «l’esasperazione con cui la comunità Lgbtq+ promuove la sua causa, che io difendo, può generare delle crisi di rigetto. Se vuoi parlare di inclusione lo puoi fare in tanti modi, senza dover per forza suscitare clamore come è accaduto con la rappresentazione dell’Ultima cena, che ho trovato un po’ trash, fuori luogo in un contesto sportivo». Sostiene anche che «FdI non è una caserma, siamo liberi di esprimere opinioni dissonanti. Dentro ci sono tanti gay, anche se sono meno esibizionisti».

L’incontro

Mussolini dice anche di non avere gli strumenti per poter dire che l’incontro tra le due sia stato regolare: «Mi devo rifare ai regolamenti del Cio: se Khelif è salita su quel ring vuol dire che poteva farlo. Poi, se c’è stato un errore clamoroso, saranno i medici a dirlo. Ma prima di allora, basta parole senza senso». Barbano, che ha un passato da dirigente sportivo, va più nello specifico: «Capisco che possa aver subito un pugno molto duro, non ero sul ring con lei. Ma questa è la legge della boxe: i pugni si danno e si prendono. Fa parte del gioco. Guardando il curriculum di entrambe le atlete e in particolare dell’algerina Khelif non mi sembra una campionessa che abbia stravinto o fatto strage di avversarie nel suo cammino. Da un punto di vista prettamente sportivo poteva essere un incontro equo. Poi certo, c’è la vicenda controversa del testosterone, sulla quale però non mi azzardo a fare previsioni perché non ne ho la competenza».

Le fake news sull’atleta transgender

Barbano dice che le fake news che si sono diffuse sulla pugile algerina «siano state espresse di pancia e non le condivido. Confesso che anch’io in un primo momento sono stato condizionato dal clima che si è creato nei giorni precedenti al match, ma poi mi sono informato e ho cercato di ragionare. Vorrei approfondire ancora la vicenda che è molto intricata, e non ho tutti gli elementi per dire ciò che è giusto o sbagliato». Ma secondo lui «qualsiasi cosa è politica. Anch’io sono un politico. Ho voluto dire la mia solo perché conosco bene il mondo dello sport. Non voglio neanche iscrivermi al partito del politicamente corretto. Sottolineo soltanto che è stato un fatto sportivo vissuto in maniera anomala».

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