Cosa c’è di strano nel verbale dell’IBA sulla squalifica di Imane Khelif e perché non conferma che sia “trans”

Dalla vicenda dei due test emergono alcuni elementi contrastanti con la narrazione fuorviante diffusa contro l’atleta algerina

L’atleta algerina Imane Khelif è stata accusata ingiustamente di essere una transessuale. Le prove? Nessuna. Non esiste alcun documento o test che dimostri che sia un uomo che abbia completato la transizione. È altrettanto difficile credere che si tratti di una transessuale che rappresenta la bandiera dell’Algeria, un Paese notoriamente contrario ai diritti LGBTQ+. Chi l’ha accusata di fingersi donna sono coloro che l’hanno giudicata solo dal suo aspetto fisico e dalle dichiarazioni del Presidente dell’International Boxing Association (IBA), l’amico di Putin e oligarca russo Umar Kremlev, che accusa il Comitato Olimpico di mettere a rischio la vita delle atlete che la affrontano. Tralasciando la questione politica e come la propaganda russa sfrutti l’occasione, c’è un particolare curioso in questa vicenda, che potrebbe portare lo stesso Kremlev a condannare se stesso e a rassegnare le dimissioni per coerenza.

Imane Khelif aveva già combattuto nelle competizioni internazionali dell’IBA, arrivando seconda nella competizione mondiale del 2022 in Turchia. Nel torneo del 2023 a New Delhi, in India, era stata squalificata a poche ore dalla finale valida per la medaglia d’oro. La decisione era stata presa e votata dallo stesso Kremlev, che dichiarò il giorno successivo che un test del DNA avrebbe rivelato che Khelif e un’altra atleta si erano spacciate per donne al fine di gareggiare nel torneo. Tuttavia, la stessa IBA non conferma in alcun modo le parole del suo presidente. In nessun comunicato o verbale dell’associazione viene citato il nome del test effettuato, né viene definita l’atleta come uomo o transessuale.

La squalifica e i due test

Secondo il sito delle Olimpiadi, almeno fino al primo agosto 2024, nel profilo di Imane Khelif veniva riportato il presunto motivo della sua squalifica dalla competizione del 2023 in India: un livello troppo elevato di testosterone. Questa condizione non conferma il sesso dell’atleta, in quanto alcune donne sono portate a produrre elevate quantità di questo ormone rispetto alla norma. Il 31 luglio, l’IBA ha pubblicato un comunicato per sostenere che Imane Khelif non è stata squalificata dal torneo a causa del testosterone, ma per il risultato ottenuto da due test condotti rispettivamente nel 2022 in Turchia e nel 2023 in India. Non è dato sapere di che test si tratti, ma nel verbale del Consiglio dell’IBA condiviso nel comunicato emergono alcuni elementi contrastanti con la narrazione fuorviante diffusa contro l’atleta.

A pagina 2 del verbale del 25 marzo 2023, ossia il giorno prima della finale del mondiale in India, viene riportata la discussione riguardante la squalifica dalla competizione dell’algerina Imane Khelif e della taiwanese Lin Yu-ting. L’introduzione è stata fatta dal responsabile sportivo dell’associazione, Marko Petric, sostenendo che entrambe le atlete «non hanno soddisfatto le regole di ammissione a seguito di un test condotto da un laboratorio indipendente». Non è dato sapere di quale laboratorio si tratti né quale test sia stato effettuato. Il verbale prosegue con un “dialogo” tra il Presidente Kremlev e il Segretario generale dell’IBA, George A. Yerolimpos, prima del voto finale del Consiglio per ratificare la squalifica delle due atlete.

Il problema della squalifica a ridosso della finale

Il principale problema del Consiglio riguardava la ratifica di una decisione così delicata solo alla fine del torneo, escludendo di fatto l’atleta algerina dalla finale. Come spiegato dal Segretario generale, alle atlete era stata notificata immediatamente la squalifica una volta ottenuti i risultati del test, dando loro ventuno giorni di tempo per presentare ricorso al Tribunale Arbitrale dello Sport (Court of Arbitration for Sport, CAS). Un ricorso pressoché inutile, visto che il giorno successivo si è disputata la finale, che ha visto la vittoria della cinese Yang Liu. Evidentemente, come scopriremo in seguito, tali test non potevano essere effettuati prima dell’inizio del torneo. Eppure, la richiesta di chiarimenti da parte del Consiglio risulta essere motivata da un fatto che molti ignorano.

Il Segretario generale, infatti, ha confermato di fronte al Consiglio che test simili erano stati condotti sulle stesse atlete da un altro “laboratorio indipendente” durante il mondiale del 2022 a Istanbul, in Turchia. Entrambe, stando alle dichiarazioni nel verbale, non vennero squalificate dalla competizione perché i risultati vennero acquisiti dall’associazione solo dopo la finale, persa da Imane Khelif contro l’irlandese Amy Broadhurst. Di fatto, il verbale del Consiglio svela che l’IBA era in possesso dei risultati di un test effettuato nel 2022, simile a quello del 2023, ma ciò non aveva impedito ad entrambe le atlete di partecipare alla competizione in India.

La richiesta di misure preventive

Il Presidente dell’IBA, Umar Kremlev, è intervenuto domandando al Segretario generale se fosse stato possibile adottare misure preventive per non consentire alle atlete interessate di competere al torneo di New Delhi, considerando proprio i risultati ottenuti dai test del 2022. Yerolimpos, il Segretario generale, nella sua risposta ha confermato che l’IBA aveva a disposizione il responso dei test effettuati in entrambe le competizioni. Tuttavia, Yerolimpos ha spiegato al Presidente che non era stato possibile condurre il test del 2023 prima dell’arrivo degli atleti a Nuova Delhi, ossia «quando le atlete erano fuori dal controllo dell’IBA».

La narrazione dell’IBA e il test del 2022

Di fatto, l’IBA aveva sottoposto per ben due volte, in due anni, entrambe le atlete a un test (sconosciuto), ottenendo dei risultati (non dichiarati) che dovevano comportare la loro squalifica dalle competizioni in Turchia e India. Se il test in questione fosse stato quello del DNA, riscontrando i cromosomi XY sia in Khelif che nella taiwanese Yu-ting, perché non sono state escluse da tutte le competizioni dell’IBA dopo il torneo del 2022?

Secondo l’IBA, le due atlete dovevano essere escluse anche dalle Olimpiadi di Parigi 2024 per salvaguardare la salute delle altre partecipanti. In un successivo comunicato, pubblicato il primo agosto, l’associazione ha ribadito la sua condanna nei confronti del Comitato Olimpico, citando nuovamente il verbale dell’IBA del 25 marzo 2023 e i due test effettuati durante le competizioni in Turchia e India. Questa volta, però, l’IBA si è allineata alla narrazione del Presidente, affermando che «non sosterrà mai alcun incontro di pugilato tra i sessi».

Se le affermazioni sui cromosomi XY fossero vere, e considerando che la stessa associazione fosse a conoscenza dei risultati del test effettuati nel 2022, il primo a dover essere giudicato dovrebbe essere proprio il Presidente Kremlev e la stessa IBA, in quanto erano a conoscenza di una presunta condizione che avrebbe messo a rischio (cit.) le altre atlete durante la competizione del 2023 in India.

La presunta esclusione da tutte le competizioni IBA

C’è un’ulteriore differenza nel comunicato del primo agosto rispetto al passato. A seguito delle polemiche su Parigi 2024, l’IBA sostiene di “confermare” l’esclusione delle due atlete da tutte le competizioni dell’associazione, nonostante nel verbale del 2023 e nei precedenti comunicati si parli della sola squalifica dal mondiale di New Delhi. Anche considerando questa condizione come valida fin dal 25 marzo 2023, è significativo notare che il profilo di Imane Khelif sia tutt’oggi presente sul sito ufficiale e risulti ancora iscritta (forse ancora per poco) con l’ID SD336. È possibile che debbano aggiornarlo, dal 2023.

Screenshot del 4 agosto 2024

La questione del ricorso ritirato

Al fine di sostenere che Imane Khelif fosse una transessuale, molti considerano che l’atleta abbia ammesso qualcosa ritirando il ricorso contro la squalifica del 2023 ratificata nel verbale dell’IBA. Un ricorso pressoché inutile ai fini della competizione in India, considerando che la finale si era svolta il giorno successivo alla squalifica con la thailandese Janjaem Suwannapheng al suo posto sul ring. Se l’esclusione dal torneo comportasse anche quella da ogni ulteriore competizione organizzata dall’associazione, potrebbe essere un motivo valido per proseguire tramite le vie legali presso il Tribunale Arbitrale dello Sport (Court of Arbitration for Sport, CAS).

Il ricorso è menzionato nei successivi verbali dell’IBA, come in quello del 13 maggio 2023, dove viene riportato anche il codice identificativo presso il Tribunale (CAS 2023/A/9575). L’ultima citazione risale al verbale dell’8 dicembre 2023, in cui si annuncia il ritiro del ricorso da parte dell’atleta algerina, chiudendo di fatto la vicenda. Non viene dichiarato il motivo di tale decisione, ma è possibile considerare alcuni aspetti della vicenda legati allo scontro diretto con il Comitato Olimpico e le stesse Olimpiadi del 2024.

Il disconoscimento dell’IBA e le Olimpiadi di Parigi 2024

A seguito della squalifica di Imane Khelif, nel mese di giugno 2023, l’IBA venne disconosciuta come federazione internazionale dal Comitato Olimpico. Il motivo non era strettamente legato a quanto accaduto alle due atlete, ma piuttosto a diverse mancanze da parte dell’IBA in seguito a una sospensione del 2019, legate alla governance della stessa e a presunti problemi di corruzione. Con il disconoscimento, l’organizzazione delle Olimpiadi del 2024 non riguardava più dall’IBA, ma da un’altra entità creata appositamente con il nome di Paris Boxing Unit (PBU), che considerava i criteri di ammissibilità alle competizioni di Parigi sulla base dei regolamenti precedenti alla sospensione del 2019 dell’IBA.

Come conseguenza del disconoscimento dell’IBA, una nuova associazione chiamata World Boxing sta pian piano prendendo piede come effettiva sostituta nella gestione dello sport a livello mondiale. A partire dal 2023, i tornei organizzati da questa nuova organizzazione risultavano utili per partecipare alle Olimpiadi del 2024. In un comunicato pubblicato il 15 settembre 2023, la World Boxing ha annunciato la qualificazione dell’algerina Imane Khelif. Con l’imposizione crescente di questa nuova entità sportiva, che vede l’Italia come nuovo membro dal 26 luglio 2024, risulterebbe comprensibile la cessazione di una disputa con l’IBA, ormai disconosciuta e priva del suo valore.

L’Algeria, la questione LGBTQ+ e il passaporto

Come è ben noto, il Paese nordafricano non è un posto adatto per le persone omosessuali. L’Algeria, infatti, è stata indicata dall’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR) per aver approvato «leggi contro la “propaganda” o “promozione” di comportamenti sessuali “non tradizionali”». Amnesty International riporta ulteriori casi in cui le autorità algerine sono intervenute contro episodi comunicativi contenenti «simboli contrari alla morale» e ritenuti «contrari ai precetti dell’Islam e ai valori della società algerina». Risulta difficile credere che per anni l’Algeria abbia permesso a un fantomatico transessuale di gareggiare con la bandiera algerina nelle competizioni internazionali e durante le Olimpiadi, soprattutto considerando che le persone transessuali fuggono dal Paese in quanto perseguitate.

Secondo quanto riportato sul sito delle Olimpiadi, l’ammissibilità degli atleti si basa sul sesso e sull’età indicati sul loro passaporto, come avveniva nelle precedenti edizioni olimpiche. I documenti algerini di Imane Khelif la indicano come donna, gli stessi documenti in possesso del Comitato Olimpico, della federazione algerina e mostrati pubblicamente dal padre dell’atleta. Viste le condizioni degli omosessuali in Algeria, risulta difficile che Imane Khelif fosse nata uomo per poi “spacciarsi come donna”.

Un’ulteriore considerazione sulla vicenda potrebbe essere una successiva scoperta della presenza dei cromosomi XY da parte dell’atleta, trovandoci di fronte a un “caso genetico” simile a quello della sudafricana Caster Semenya, che lo scoprì in età adulta. In tal caso, le accuse di essere una transessuale cadrebbero ulteriormente, ma non possiamo sapere cosa potrebbe capitarle nel suo Paese e se potrà mai competere di nuovo sotto la bandiera algerina.

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