Tormentoni estivi a confronto: la top ten degli anni Sessanta – La serie

Adriano Celentano – Azzurro (1968)

Forse molti non sanno che l’incontro tra Adriano Celentano e Paolo Conte non avvenne in occasione di Azzurro, ma l’anno prima, quando l’avvocato di Asti scrisse per il molleggiato e la moglie Claudia Mori, intenti alla formazione di un nuovo duo, La coppia più bella del mondo. A dire il vero Celentano in Azzurro credeva fino ad un certo punto, il brano infatti non rispettò minimamente l’iter dei tormentoni del tempo, quindi non fu iscritto né al Disco per l’Estate, né al Cantagiro. L’Adriano nazionale stava girando in quel periodo Serafino di Pietro Germi, ma si ritrova tra le mani questa hit che rimane in top ten da giugno e per i quattro mesi successivi. Paolo Conte poi diventerà Paolo Conte, ma si rifiuterà per decenni (fino al 1998) di incidere Azzurro e per capire la motivazione dobbiamo andare indietro fino ai tempi in cui Paolo Conte era sotto contratto solo come compositore, ma aveva un’idea piuttosto chiara delle voci che desiderava avere per le proprie canzoni: «I cantanti italiani non mi piacevano – racconterà più avanti – con quelle voci sdolcinate, artificiose. In generale, non amo quei cantanti che non cantano con la loro voce, con la voce che usano nella vita. Quelli che cantano così sono rari e sono questi che mi interessano». In questo senso Celentano era perfetto, anche perché aggiunse ciò che Paolo Conte, pur essendo Paolo Conte, non riuscirà mai a dare al brano, ovvero un’interpretazione immaginifica, visionaria, volutamente calante, volutamente cupa, riuscendo a coinvolgere l’ascoltatore in quella noia ancestrale che provoca la solitudine della città d’estate. Ah si, perché c’è anche questo dettaglio fondamentale: Azzurro è l’unico tormentone ambientato in una città, in cui il mare si vede solo da lontano, si sogna, si brama, in qualche modo il protagonista, forte di questo sanguigno desiderio, arriva quasi ad odiare, restituendoci una condizione dell’anima che diventerà pura cultura popolare. Basta ritrovarsi nel centro di una città svuotata dalle ferie estive, ossessionati dall’allegro azzurro del cielo, avere l’impressione che tutto il mondo circoli spensierato lontano da noi, sopra un treno che però nella nostra vita, in quel momento di faticosa e sudata malinconia, «All’incontrario va». E tutto diventa più chiaro.