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Tormentoni estivi a confronto: la top ten degli anni Sessanta – La serie

04 Agosto 2024 - 21:20 Gabriele Fazio

Lucio Battisti – Acqua azzurra, acqua chiara (1969)

Se non fosse stato per Renzo Arbore quell’estate del 1969 sarebbe stata ricordata per il successo del tormentone Dieci ragazze. Invece toccò ad Acqua azzurra, acqua chiara, sesto singolo in assoluto della carriera di Lucio Battisti, scritto, manco a dirlo, insieme a Mogol. Battisti avrebbe dovuto partecipare ad un programma di Arbore intitolato Speciale per voi e propose questi due brani, convinto che il pezzo forte fosse Dieci ragazze, ma Arbore si innamorò della seconda scelta, così non solo venne presentata al largo pubblico televisivo Acqua azzurra, acqua chiara, ma venne invertita anche la successione dei pezzi quando fu inciso il disco. La canzone fu concepita in una villa di Torre Squillace, sulla costiera salentina, e naturalmente la risonanza che avrà nella storia della musica italiana va ben oltre la singola stagionalità o la vittoria del sesto Festivalbar di sempre, ma è più interessante collocarla in un ben determinato periodo di tempo. Mettendo da parte la genialità, all’estero già diffusa, per esempio negli ambienti della storica Stax Records di Memphis, di far duettare voce e fiati con stratosferici botta/risposta, il brano va totalmente controcorrente rispetto i temi in voga nella musica del 1969. Mentre Battisti canta, piuttosto impacciato, per questo anche discretamente denigrato dalla stampa specializzata dell’epoca, Acqua azzurra, acqua chiara, una cittadina di poco più di cinquemila anime nello stato di New York negli Stati Uniti, Woodstock, viene letteralmente invasa da cinquecentomila giovani intenti a celebrare l’amore libero, per quello che è stato uno degli eventi musicali più incredibili di tutti i tempi. Per intenderci, solo venti giorni prima Jim Morrison viene arrestato per atti osceni in luogo pubblico e quel luogo era un palco. Il pezzo di Battisti e Mogol invece parla di una redenzione, l’acqua azzurra e chiara nel testo è quella che il protagonista finalmente può bere dopo anni di disimpegno amoroso. Una lettura come un’altra oggi, ai tempi invece un bel guaio, da lì infatti nasce la leggenda di Lucio Battisti simpatizzante fascista, perché in quegli anni non schierarsi apertamente, cosa complessa per uno assai restio come Battisti alle esternazioni pubbliche, significava essere collocato dall’altra parte, quella che non era a sinistra, invece considerata la parte dell’impegno artistico. Un timbro che perseguiterà per sempre, anche ben oltre la morte, Lucio Battisti, ma che fortunatamente non ne ha oscurato il preziosissimo e genialoide lavoro.