Tormentoni estivi a confronto: la top ten degli anni Sessanta – La serie

Rocky Roberts – Stasera mi butto (1967)

«Pochi sanno che la mia vera passione è cantare il soul e il blues, e che mi piacciono molto i lenti: invece sono stato condannato a cantare sempre Stasera mi butto», queste furono le parole che a quanto pare Rocky Roberts affidò a Victor Bach nel 1979. Risulta essere quasi una prassi che ogni artista sia in qualche modo tormentato dal proprio più importante successo, a Rocky Roberts, americano dell’Alabama classe 1941, quindi geograficamente ed anagraficamente in grado di assistere con i propri occhi all’entusiasmante nascita del blues, è successa la stessa cosa. Il fatto che questo straordinario artista americano abbia trovato in Italia una seconda casa (morirà a Roma, dove abitava, nel 2005) è del tutto fortuito e si deve all’occhio di due giganti dello spettacolo italiano come Renzo Arbore e da Gianni Boncompagni, che lo adocchiarono quando stava spopolando in Francia con la sua splendida T-Bird, che decideranno di adottare come sigla per il loro storico programma Bandiera gialla. Ma Rocky Roberts, vero nome Charles Roberts, in Italia diventa immediatamente un personaggio amatissimo. La sua simpatia, legata inevitabilmente ai suoi successi commerciali (ricordiamo che nella sua discografia troviamo anche l’altra hit Sono tremendo), legata a questo suo italiano macchiettistico e quegli occhiali neri, che non erano un vezzo ma servivano a coprire le cicatrici dei tempi in cui faceva (anche a buoni livelli) il pugile, gli permise di portare dalla sua il largo pubblico di una tv appena nata. Così arrivarono le partecipazioni a Carosello, ben due al Festival di Sanremo e naturalmente il successo stratosferico di Stasera mi butto, che divenne anche un musicarello che contava nel cast, a parte lui, attori del calibro di Giancarlo Giannini, Franco Franchi e Ciccio Ingrassia, Enrico Montesano, Marisa Sannia, Nino Taranto e Lola Falana. Certo, è strano che la parte più sbrilluccicante della sua carriera sia ad oggi, di fatto, praticamente ignorata. Parliamo degli anni ’70, di album di cover di Otis Redding e classici del soul, nonché, per fare un esempio più facilmente accessibile, l’incisione di Django insieme a Luis Bacalov per l’omonimo film di Sergio Corbucci, canzone che poi Quentin Tarantino riprenderà nei titoli di testa del suo Django Unchained. Lo spessore del personaggio è questo e sarebbe anche corretto provare a recuperarlo. Però…quanto è divertente Stasera mi butto.