Da Kendrick Lamar a Megan Thee Stallion: tutti i rapper alla corte di Kamala Harris

La vicepresidente ha già mostrato un legame forte con il rap e l’hip hop, destinato a crescere nei prossimi mesi

«Perché amiamo tanto l’hip-hop? Una delle ragioni è che dice la verità, cruda, senza filtri, senza compromessi». Sono queste le parole pronunciate nel settembre del 2023 da Kamala Harris in occasione dei 50 anni di storia del rap. È stata la prima volta che un vicepresidente non solo ha presenziato ad un certo tipo di manifestazione, ma l’ha anche promossa. Nello stesso discorso Harris disse: «L’hip-hop è la forma d’arte americana per eccellenza che plasma ogni aspetto della cultura popolare americana». Una dichiarazione d’amore che oggi si declina in una dichiarazione di identità dinanzi al popolo americano che da qui al prossimo 5 novembre dovrà convincere a votarla.


Brat Girl

Il rap si è divorato la più grossa fetta di discografia a livello globale e Kamala Harris è evidente che sfrutterà un’arma che nelle mani di Donald Trump, bianco e miliardario, risulterebbe assai poco credibile. Il primo passo lo ha compiuto accogliendo l’endorsment dell’inglese Charli XCX attraverso quel post su X, «kamala IS brat», in riferimento al suo ultimo disco dal titolo Brat, che vuol dire discolo, sopra le righe, schietto (Bart Simpson è stato chiamato così proprio in quanto anagramma di «Brat»). Non può essere un caso che questo termine riassuma in maniera così efficace la comunicazione che Kamala Harris ha impostato. Non può essere nemmeno un caso che questo appeal politico si incastri perfettamente nel linguaggio del rap. Harris ha trovato la propria colonna sonora perfetta, non solo perché manifestazione di una cultura black che lei rappresenta e appoggia, ma soprattutto perché la musica, già da diverse elezioni americane (e non solo) porta consensi, il messaggio è trascinante e facilmente accessibile. L’esempio più nitido proviene da quella percentuale stratosferica del 18% che secondo gli analisti americani ballerebbe sulle mani di Taylor Swift, per questo l’appoggio della superstar oltreoceano è atteso con ansia.


Kamala e il rap

Detto ciò Kamala Harris però viaggia su generi assai distanti dall’ultrapop glitterato della Swift. Prendiamo il primo comizio della sua campagna ad Atlanta, in Georgia: durante la serata si è esibita Megan Thee Stallion, rapper da tre Grammy all’attivo, oltre 33 milioni di ascolti mensili su Spotify al momento, per restituirvi la misura, i Rolling Stones ne raccolgono 29. La rapper di San Antonio classe 1995, al grido di «Stiamo per fare la storia!», riferendosi all’eventualità di avere per la prima volta un presidente donna e nera, ha fatto largo uso di una delle mosse che l’ha resa famosa, il twerk, scatenando diverse polemiche. Per esempio la commentatrice di Fox News, la rete che notoriamente appoggia l’avventura politica di Trump, Tomi Lahren ha lanciato un post su X che sta infiammando il social in cui scrive: «È così che Kamala convincerà gli americani di essere una candidata seria?». La risposta è, probabilmente, si. Anzi, l’attaccamento di Kamala Harris al mondo del rap in quel comizio si è manifestato in maniera assai evidente, la scelta sembra netta e perfettamente quadrata. Prima di tutto è stata introdotta sul palco dal rapper e producer Quavo, superstar della zona, impegnato – dopo la morte del nipote e di un membro dei suoi Migos – sulla questione della violenza armata. Un problema che l’artista aveva già affrontato con Kamala Harris lo scorso anno alla Casa Bianca, a dimostrazione che l’attenzione per un certo tipo di problematiche sociali e che colpiscono duramente la comunità nera negli Stati Uniti, era già fonte di grande interesse per la candidata. Non a caso il giorno dopo quella visita di Quavo a Washington DC, il presidente Joe Biden ha istituito il  primo ufficio della Casa Bianca per la prevenzione della violenza armata, supervisionato proprio da Kamala Harris.

Kamala e Kendrick Lamar

Una delle scelte che ha fatto più discutere riguarda sicuramente la colonna sonora scelta da Kamala Harris per questo suo primo comizio. Se per gli spot su reti televisive e social c’è Freedom di Beyoncé, l’attuale vicepresidente si è fatta accompagnare sul palco dalle note di Not Like Us di Kendrick Lamar. Una mossa, oseremmo commentare, da vera Brat Girl. Il pezzo di Lamar infatti altro non è che un feroce dissing al collega Drake, uno scontro che ha tenuto tre mesi fa attaccati ai computer milioni di appassionati di rap in tutto il mondo. Andando ad analizzare il testo sono diversi effettivamente i riferimenti a disposizione di Kamala Harris nel pezzo per rivolgere attacchi laterali all’avversario. «Sono l’uomo nero certificato» si dice nel brano, e poi ancora: «Loro non sono come noi» e «Un tempo tutti noi eravamo in catene/Questo ha comunque insistito a darci degli schiavi» e «La famiglia ha importanza e la verità è che era il piano di Dio mostrare a tutti il bugiardo». Un brano che insomma traduce in musica l’atteggiamento battagliero di Kamala Harris, che non ha evidentemente intenzione di mostrare il fianco agli attacchi di Donald Trump.

Kamala e il jazz

Di certo il legame tra la vicepresidente e la musica non si è manifestato solo in occasione della campagna elettorale. Agli inizi maggio è diventato virale un video in cui Harris è stata ripresa dalle telecamere di alcuni smartphone mentre raccontava ai curiosi le scelte fatte in un negozio di musica. In quel caso si è parlato soprattutto di jazz, nello specifico acquistò Let My Children Hear Music di Charlie Mingus, Everybody Loves The Sunshine di Roy Ayers Ubiquity e quella perla assoluta della storia della musica di Porgy And Bess, che nel 1959 mise insieme Louis Armstrong ed Ella Fitzgerald. Il rapporto con il jazz è certamente assai più intimo, è il marito infatti il vero appassionato del genere in casa: non a caso i due figli avuti dal primo matrimonio si chiamano Ella e Cole, in onore della Fitzgerald e del sassofonista Coltrane.

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