La storia del figlio del generale Haftar fermato in Italia: il giallo dei controlli, la tensione con la Spagna, la chiusura del giacimento petrolifero

Saddam Haftar sarebbe atterrato a Genova lo scorso 22 luglio, per poi ripartire da Napoli il 2 agosto. Su di lui penderebbe un «alert» delle autorità spagnole su un sospetto traffico di armi

Il giacimento petrolifero di Sharara, gestito dalla spagnola Repsol, dovrà essere chiuso: lo avrebbe ordinato Saddam Haftar, figlio del generale libico Khalifa Haftar (che in Cirenaica sfida il potere del presidente della Libia Mohamed Younis Ahmed al-Menfha). Il motivo di questa rappresaglia contro Madrid risiede in «un ordine d’arresto» a carico di Saddam, di cui lui sarebbe venuto a conoscenza mentre, dall’Italia, si accingeva a far ritorno in Libia. L’accusa è di aver contrabbandato, l’anno scorso, un carico di armi intercettato dalla polizia spagnola diversi mesi fa. Per questo la Spagna aveva diramato un «warning» di sorveglianza europeo, che impone agli alleati non l’arresto, ma un controllo più dettagliato dei documenti e la segnalazione degli spostamenti. Verifiche che, secondo le indiscrezioni riportate da Repubblica, non sarebbero state effettuate a dovere mentre era in Italia.


Il viaggio in Italia

Saddam Haftar era atterrato dal suo jet privato a Genova, lo scorso 22 luglio, e lì era stato sottoposto a un controllo che si prolunga solo per qualche decina di minuti. Non avrebbe fornito il suo vero nome agli addetti ai controlli. Il copione si era ripetuto il giorno della ripartenza da Napoli, il 2 agosto, dove Haftar era arrivato insieme a moglie e figli. Qui, secondo il Messaggero, aveva presentato un passaporto libico con il suo nome, ma con un cognome diverso. Si era però successivamente identificato. Anche in questo caso, dopo un controllo relativamente breve, lo avevano lasciato andare. E questo, se confermato, potrebbe essere un problema: sia perché violazione delle norme della cooperazione internazionale, sia perché trattamento di favore nei confronti del parente del generale libico.


I rapporti con Roma

C’è però il sospetto che la notizia secondo cui Saddam ha ordinato la chiusura del giacimento petrolifero di Sharara sia stata diffusa dalla stampa vicina al governo di Tripoli per inquinare il dialogo ritrovato di recente tra la premier italiana Giorgia Meloni e Haftar. La premier infatti, in seguito ai due viaggi compiuti in Cirenaica, ha teso una mano verso la città nord-orientale di Derna, distrutta da un’alluvione, impegnandosi a contribuire alla sua ricostruzione anche grazie gli investimenti di aziende italiane, come Bonifiche Ferraresi. In cambio, ha chiesto ad Haftar di raffreddare i rapporti con Mosca e con i mercenari della Wagner.

Il giacimento

L’altra ipotesi è che la chiusura del giacimento più grande del Paese nordafricano, membro dell’Opec con un output di circa 270 mila barili di greggio al giorno, sia invece dipesa da una violenta protesta dei residenti e lavoratori di Ubari, città nel Fezzan. I tumulti avrebbero portato gli uomini armati affiliati al Comando generale dell’autoproclamato esercito nazionale libico (Enl) del generale Khalifa Haftar a fermare i lavori. Sul posto si concentra più di un interesse: il giacimento di Shahara è infatti gestito da Akakus Oil Operations Company, una joint-venture che oltre alla spagnola Repsol riunisce la Noc, la francese Total, l’austriaca Omv e la norvegese Statoil.

Foto copertina: Repubblica

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