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Cazzullo risponde al campione olimpico Garozzo: «La cattiveria non è scorrettezza ma determinazione assoluta. Senza non si vince»

Il giornalista del Corriere della Sera si spiega e replica allo schermidore azzurro: «Non è il contrario della bontà d’animo e non è un sinonimo di scorrettezza»

La disfida tra Aldo Cazzullo, giornalista del Corriere della Sera, e l’oro olimpico a Rio 2016 Daniele Garozzo prosegue. Nella rubrica “Lo dico al Corriere” dove viene lasciato spazio al confronto tra opinioni dei lettori e lo stesso Cazzullo, il giornalista ha deciso di rispondere al post pubblicato dall’atleta azzurro. «La cattiveria agonistica non significa mettere le dita negli occhi all’avversario, o non soccorrere un passerotto ferito. Non è il contrario della bontà d’animo e non è un sinonimo di scorrettezza. È quella determinazione assoluta senza cui si vincono magari i Mondiali ma non le Olimpiadi», sottolinea Cazzullo nella sua risposta. La parata del giornalista replica all’affondo dell’atleta che sui social si era fregiato di essere definito «un bravo ragazzo» ma non accettava il messaggio che, a suo dire, trapelava da un articolo di Cazzullo: «Trovo piuttosto curioso, per non dire assurdo, il messaggio sottinteso nel suo articolo: che essere “cattivi” sia una qualità essenziale per vincere. Questa idea è non solo falsa, ma anche diseducativa», aveva sostenuto Garozzo.

Gli esempi per Cazzullo

Il giornalista passa allora in rassegna gli esempi di “cattiveria” utili a spiegarsi: «Ovviamente dobbiamo intenderci sul significato che diamo alla parola “cattiveria”[…] Non si pretende la ferocia del lupo serbo Djokovic […] per venire alla scherma, penso a Valentina Vezzali, Giovanna Trillini, Elisa Di Francisca, che citando il suo libro scritto con Gaia Piccardi ho definito “bad girl” non nel senso che picchia i bambini, ma che ha affrontato la vita e lo sport con quel senso di agonismo, di audacia, financo di follia che l’ha portata — senza infrangere le regole — a salire su quel gradino più alto del podio sfuggito purtroppo a tante brave ragazze».

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