Perse la casa col crollo del Ponte Morandi, ora rischia di chiudere il negozio. La storia di Mauro: «Col ddl Canapa posso perdere tutto»
Sembrava una storia di resilienza, a lieto fine. Dopo che Mauro Vannuccini, 39 anni, ha visto crollare il suo mondo insieme alle impalcature del Ponte Morandi, era infatti riuscito a sfuggire al devasto diventando uno degli sfollati di via Porro. E non si era buttato giù: aveva deciso di utilizzare il risarcimento ricevuto dopo aver dovuto abbandonare la sua casa per aprire un negozio di derivati dalla canapa, Canapaki, a Sampierdarena. Adesso, però, teme di essere costretto a ricominciare tutto da zero, ancora una volta. E questo perché, durante l’esame del ddl sicurezza dello scorso 1 agosto, è stata approvata la stretta sulla sostanza, che di fatto equipara la cannabis light a quella non light.
Il racconto
Vannuccini racconta la sua storia a Repubblica, partendo dal principio. Da quell’estate del 2018 che ha cambiato la sua vita: «La mia casa era al civico 10 di via Porro. Proprio dal pilone: con vista ponte. Ricordo che stavo prendendo un caffè ed è crollato il mondo. Siamo schizzati via», ricorda. Quel giorno, morirono 43 persone. Mauro riuscì a salvarsi. E aveva deciso di buttarsi in un business che, anno dopo anno, lo stava aiutando a rimettersi in piedi. «Stava andando bene – racconta -. In un anno avevo già ripianato i conti, ho una clientela affezionata. Ma con il decreto del governo rischia di saltare tutto».
I danni
«E poi parlano di difesa del Made in Italy», commenta sarcastico. Vannuccini non è l’unico che potrebbe subire ripercussioni negative. In Italia sono circa 10mila a lavorare con la cannabis light, ovvero quella con un livello molto basso di Thc, il componente psicoattivo che si associa comunemente all’effetto stupefacente. La cannabis light era stata cautamente liberalizzata nel 2016, quando la legge 242 aveva consentito a centinaia di aziende agricole di produrla e lavorarla.
Il ddl sicurezza
Il ddl sicurezza arriverà in aula a settembre, ma l’ampia maggioranza parlamentare che ha supportato l’emendamento sulla cannabis light lascia supporre che verrà definitivamente approvato. Una prospettiva tetra per Mauro: «Ho deciso di aprire il negozio nel 2020, in piena pandemia – racconta ancora -. Non è stato facile: avevo perso il lavoro nel 2018, dopo dieci anni in un Carrefour. Poi c’è stato il crollo del Morandi, uno shock. Per cinque mesi ho vissuto in una stanza di un metro per due con la mia compagna, a casa di mia suocera».
Il paradosso
«L’olio di Cbd – spiega ancora – mi ha aiutato a calmare i miei nervi. A volte le mani mi tremavano. Con il risarcimento ottenuto per aver lasciato il nostro appartamento ho aperto questo negozio: in zona non c’era ancora niente del genere. Leggevo di questo mercato in crescita, mi sono buttato». Canapaki, nello specifico, vende attrezzature per la coltivazione, cosmetica a base di canapa, infiorescenza e prodotti derivati. «Si è creato un bel rapporto con i clienti, in tanti si informano sui benefici naturali di questa pianta», spiega ancora Mauro. Anche se, riconosce, già «con il decreto contro l’olio di Cbd (risalente all’ottobre 2020, ndr) le vendite erano iniziate a calare». «Cosa dobbiamo fare?», conclude esasperato Vannuccini. «Andare all’estero? Con il paradosso che online si possono acquistare questi prodotti da aziende straniere».
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