«Free Afghan women», la breakdancer afghana Manizha Talash sfida il regime alle Olimpiadi e protesta per i diritti delle donne – Il video

Così il gesto provocatorio di Talash segue quella dei giorni scorsi dell’atleta Kimia Yousof

«Free Afghan women», è il grido di protesta di Manizha Talash, una breakdancer afghana, durante le Olimpiadi di Parigi 2024. Nella gara femminile di breakdance, Talash, originaria di Kabul e parte della Squadra dei Rifugiati, ha scelto di fare un gesto di protesta simbolico che ha catturato l’attenzione internazionale. Mentre competeva contro la rivale olandese, ha tolto la felpa nera che indossava, mostrando un mantello celeste con la scritta bianca «Free Afghan women». La breakdance olimpica, che si distingue per il suo stile street e la libertà espressiva anche con abiti larghi e accessori da strada come foulard e occhiali da sole, ha visto Talash esprimere il suo messaggio di protesta contro le restrizioni imposte dal regime talebano. Il Comitato Olimpico Afghano in esilio, riconosciuto a livello internazionale, ha selezionato sei atleti per rappresentare il Paese, mentre i talebani, che hanno istituito un proprio comitato sportivo (valido solo all’interno dell’Afghanistan), hanno riconosciuto solo tre atleti uomini, poiché in Afghanistan la partecipazione sportiva delle donne è vietata.


Il precedente: l’atleta afghana Kimia Yousofi

La protesta di Talash segue quella di Kimia Yousofi, un’altra atleta afghana che ha partecipato alle Olimpiadi di Parigi. Yousofi, rifugiata in Australia dal 2021, ha gareggiato nei preliminari dei 100 metri femminili di atletica, attirando l’attenzione con un messaggio scritto su un foglio: «Istruzione, sport, i nostri diritti». Nonostante il suo tempo di 13,42 secondi fosse lontano dai record mondiali, la sua protesta contro le restrizioni imposte alle donne afghane dal regime talebano ha fatto il giro del mondo. Yousofi, che aveva già partecipato alle Olimpiadi di Tokyo del 2021 come portabandiera per l’Afghanistan, ha scelto di gareggiare per il suo Paese d’origine, nonostante le dure condizioni che hanno portato alla sua fuga prima in Iran e poi in Australia. La sua scelta di gareggiare per l’Afghanistan anziché per la Squadra Olimpica dei Rifugiati è determinato dal suo impegno nella lotta per i diritti delle donne afghane.


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