L’addio di Ultima Generazione ai blitz? In Austria gli ecoattivisti prendono una pausa: «Non vinciamo in un Paese ignorante»
Cambio di passo almeno per il momento per gli attivisti di Ultima Generazione austriaci: negli scorsi giorni hanno annunciato che fermano le loro proteste «perché non vediamo più speranza di successo. Il nostro Paese vuole restare nell’ignoranza». Marina Hagen-Canaval, classe 1996, volto e portavoce del movimento, spiega al Corriere della Sera che i fondi restanti verranno utilizzati per «coprire i costi della nostra criminalizzazione», cioè le spese legali. Che, tenuto conto di un processo penale per organizzazione criminale e danni alla proprietà, ammontano a circa 80mila euro. Di certo però gli ecoattivisti non sembrano arrendersi. Per il futuro potrebbe nascere un nuovo movimento, con dimostrazioni più plateali.
Le spese
Ma l’attivista rassicura: «Li abbiamo. Poi c’è una serie di multe per illeciti amministrativi che ognuno di noi deve saldare, e sono l’aspetto più preoccupante. Sono individuali, e c’è tra noi chi deve anche 40mila euro. Se non li hai c’è la detenzione amministrativa. Sei di noi ci sono già stati e ne sono usciti disperati e con la scabbia, due ci andranno a breve, sei rischiano». Lei stessa, in prima persona, ha «diecimila euro da pagare e dovrei farcela».
I fondi
I fondi «arrivano in parte dal Climate Emergency Fund (una non profit internazionale, ndr) e in grandissima parte da donazioni di privati. Gente che non se la sente di incollarsi con le mani all’asfalto, per esempio, ma vuole dare una mano». Insomma, dopo due anni e mezzo è arrivato il momento di fare un bilancio. Che non è di certo positivo: «Eravamo qualche centinaio, diciamo trecento in prima linea e quattrocento dietro le quinte. Abbiamo messo a rischio la vita, la fedina penale, la salute per far capire che stiamo morendo di caldo, che il meteo pazzo di cui tutti soffriamo peggiorerà, che abbiamo tutto da perdere».
La reazione della società
Eppure, prosegue, «Siamo stati al massimo maltollerati. La società è pigra o ignorante. Guardano al loro giardinetto e al loro lavoretto al quale vanno con la loro macchinetta, e mai oltre. Nella loro comfort-zone queste persone stanno morendo proprio come i poveri, le minoranze, il Sud globale dove il caldo uccide già. Ma sono più responsabili, perché sono quelli che i poveri e il Sud li sfruttano». Il tema, riconosce Hagen-Canaval, è molto complesso.
Le richieste
Ma, aggiunge, «non è una scusa per ignorarlo. Noi lanciamo da due anni un allarme, e i politici dovrebbero sentirlo. Basterebbe partire dalle soluzioni facili. Noi chiediamo per esempio un limite dei 100 km/h sulle nostre autostrade: ridurrebbe le emissioni del 2%. Il governo potrebbe farlo domani. Non fanno niente». Tuttavia c’è spazio anche per un esame di coscienza, per capire quello che evidentemente non ha funzionato: «Forse una comunicazione troppo algida, anticapitalista, astratta, che ci ha fatto percepire come elitari, staccati dalla realtà».
Il futuro
«Sarei d’accordo – riconosce la 28enne – che siamo un’élite: bianchi, ricchi con genitori ricchi, pochi tra noi hanno il problema di fare la spesa e se in casa mia si rompe la lavatrice posso serenamente aggiustarla. Ma per questo lottiamo anche per chi non può lottare». E adesso, cosa faranno? «La disobbedienza civile prevede due strade se una protesta non funziona. Aumentarne l’intensità: anziché bloccare autostrade, bloccare aeroporti. O protestare più spesso. Noi fonderemo un nuovo movimento, e potremmo fare entrambe le cose».
Foto copertina: Marina Hagen-Canaval su Instagram
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