Bimba morta a soli due mesi, la mamma finisce in carcere. La nonna si suicida e ammette: fu colpa mia

Le ultime parole di Gerarda Picciariello nella lettera scritta prima di gettarsi sui binari: «Avevo rimosso. La piccola picchiò la testa mentre era con me»

Gerarda Picciariello, 61 anni, giovedì mattina si è tolta la vita buttandosi sotto un treno vicino alla
stazione di Pontecagnano Faiano (in provincia di Salerno). Prima di andarsene per sempre ha scritto due righe dove spiega che la morte della nipotina è una sua colpa: «Se state leggendo questo foglio è perché non posso continuare a vivere, sapendo quello che ho scoperto oggi». L’anziana aveva rimosso quello che è tremendamente doloroso.


La morte della piccola Chiara

Nella storia, ricostruita oggi dal Corriere della Sera, occorre fare un passo indietro. Denise Schiavo, figlia di Gerarda, nel 2014 mise al mondo la piccola Chiara, nata prematura e costretta a una lunga degenza in ospedale. Ancora neonata la piccola viene ricoverata di nuovo: ha ecchimosi sul corpo, e successivamente si scopre che ha le tempie e alcune costole fratturate. Nonostante i tentativi dei medici morirà, a soli due mesi, nell’ospedale pediatrico Santobono di Napoli. Sono i genitori a rivolgersi alla magistratura chiedendo che sia fatta chiarezza sulla sua morte. Gli inquirenti si concentrano però sulla madre. Una perizia medico-legale stabilisce che la piccola Chiara è morta per la sindrome del bimbo scosso. Secondo la procura a scuoterla, fino alla morte, è stata la mamma, in un momento di sofferenza. Denise viene rinviata a giudizio per omicidio preterintenzionale e, nonostante le solide argomentazioni difensive del suo legale, l’avvocato Michele Sarno, è stata condannata a dieci anni, dopo un lungo processo. Finisce in carcere. La nonna chiede la grazia al Presidente Mattarella, spera che si possa far riaprire il processo. Analizzando le carte però Gerarda si convince che la frattura della piccola si stata colpa sua. E lo spiega nella lettera in cui annuncia il suicidio. «Un velo mi si è alzato dalla mente, mi rivedo con la bambina in braccio mentre cerco di adagiarla nella sua carrozzina alloggiata nella Fiat Stilo a tre porte, eravamo alla fine di agosto, mi sopraggiunge un giramento di testa e il capo della bimba sbatte vicino alla portiera. Giuro, avevo rimosso quell’episodio». E infine: «Ditemi, che altro potrei fare se non togliermi la vita? Vi chiedo di perdonarmi». Se le parole di Gerarda nascondono la vera motivazione della morte di Chiara potrà stabilirlo solo una revisione del processo, a cui l’avvocato Sarno sta puntando. Intanto il legale invierà al Quirinale la lettera di Gerarda, ribadendo al presidente quella richiesta di grazia in cui lei sperava tanto fosse accolta per la figlia.


(immagine di repertorio foto di Bonnie Kittle su Unsplash)

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