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Alan Sorrenti – Figli delle stelle (1977)

Il brano che segnò la svolta commerciale nella carriera di Alan Sorrenti, fino a quell’anno quello che oggi chiameremmo un indie, un artista complesso, di nicchia, quasi del tutto estraneo al largo pubblico, dedito ad un rock progressive talebano ed intellettuale, sarebbe meglio osservarlo da lontano, attraverso un caleidoscopio temporale che ce lo fa collocare come si deve non solo all’interno della discografia del cantautore napoletano, ma proprio dentro la cronologia del pop italico. Magari, in questo senso, partendo da una specifica: Figli delle stelle va molto incontro ai gusti del pubblico, all’estetica che proveniva dagli Stati Uniti, ma questo non fu il risultato di un’operazione simpatia per arruffianarsi i gusti sempliciotti del mercato, ma di un lungo lavoro di ricerca che lo portò prima a Londra, dove non trovò ciò che stava cercando, essendo forse, specie in quel periodo, un universo musicale un pò a parte. E poi a Los Angeles, probabilmente aiutato dai giusti collaboratori. Uno su tutti Jay Graydon, produttore che aveva già trattato il materiale di artisti come Al Jarreau, Barbra Streisand, Diana Ross e Marvin Gaye e che ci regalò uno dei più alti momenti della storia della nostra musica quando partorì il mitico riff di chitarra dell’intro del brano, uno dei più riconoscibili e cool di sempre. Un incastro così efficace che bastò una notte per scrivere quella canzone che in un primo tempo si sarebbe dovuta intitolare Heaven, dando corda a quel suo aspetto surreale, extraterrestre ed extracorporeo. Un successo clamoroso, forse dovuto ad una serie di coincidenze storiche importanti, come il rapimento Moro, che colpì duramente l’opinione pubblica tanto da sentire l’esigenza tangibile di essere distratti da ciò che stava accadendo. L’esplosione della disco e delle prime discoteche, considerate come intrattenimento di destra, una distinzione significativa ai tempi, ma anche l’uscita de La febbre del sabato sera e quel nuovo immaginario laccato, glitterato ed inamidato che spopolerà da noi come ovunque, lanciando la carriera di Alan Sorrenti, in barba a chi si sentiva in qualche modo tradito da quella che considerava una svolta ultrapop. Molti pensano che perfino il Franco Battiato di Bandiera bianca volle puntargli contro il dito cantando «Siamo figli delle stelle e pronipoti di sua maestà il denaro», ma la cosa non fu mai confermata.