Chi è Valentina Petrillo, la prima atleta trans a gareggiare alle Paralimpiadi

Petrillo ha 46 anni, è ipovedente e nel 2019 ha fatto coming out per poi intraprendere il percorso di affermazione di genere. Ha ottenuto la possibilità di gareggiare rispettando i limiti fissati dal Cio

Ai Giochi Paralimpici di Parigi parteciperà la prima atleta transessuale della storia, l’italiana Valentina Petrillo. Nata a Napoli 46 anni fa, ha sempre voluto fare sport. E non l’ha fermata neanche la diagnosi della sindrome di Stargardt a 14 anni, che l’ha resa poi ipovedente. Nel 2019 ha fatto coming out e ha iniziato il suo percorso di affermazione di genere. È stata la prima donna transgender a partecipare nella categoria femminile ai campionati italiani paralimpici di atletica leggera nel 2020, ai campionati europei del 2021 è arrivata quinta, nel 2023 ha vinto due bronzi ai mondiali di Parigi. Dopo anni nella Nazionale di calcio a 5 per ciechi dell’Italia, quando ancora gareggiava nelle categorie maschili, si è spostata nell’atletica dove ha vinto 11 titoli nazionali: «Ma preferisco essere una donna lenta e felice che un uomo veloce ma triste», disse alla Bbc nel 2021, prima dei Giochi di Tokyo. E ora che è stata convocata per Parigi 2024, vuole nuovamente fare la storia, come prima donna transessuale dell’atletica leggera alle Paralimpiadi. Non un passaggio in sordina, soprattutto dopo i toni che hanno assunto le polemiche del caso Khelif e Lin Yu Ting nel pugilato. Petrillo vuole diventare un simbolo, essere di ispirazione per chi ha affrontato le sue difficoltà e non solo: «Il mio messaggio è questo», ha detto a Fanpage.it, «io devo dare una speranza, voglio diventare il simbolo di un mondo che si sta ribellando». A Parigi correrà nella categoria femminile ipovedenti T12, gare su pista, nei 400 metri e anche nei 200 metri. La gara che 44 anni fa la fece innamorare dell’atletica, quando Pietro Mennea vinse uno storico oro a Mosca.


Valentina Petrillo, le polemiche e le minacce

Valentina Petrillo è anche la protagonista del documentario «5 nanomoli – Il sogno olimpico di una donna trans». Cinque nanomoli per litro di sangue è la quantità massima di testosterone consentita dal Cio alle atlete transgender per partecipare alle competizioni nella categoria femminile. Il suo percorso di affermazione non è stato privo di scontri e polemiche. Dopo aver iniziato la terapia ormonale è rimasta per anni lontana dalle piste, non poteva correre perché non aveva una categoria in cui farlo. Quando la Federazione italiana ha concesso le prime aperture, molte atlete si sono schierate contro di lei e le nuove regole. In occasione dei Campionati italiani master indoor di Ancona, 30 atlete rappresentate da un legale hanno inviato alla FIDAL una diffida sull’ingresso di Petrillo negli spogliatoi femminili, ricorda l’Huffington Post. E poi gli insulti, le minacce, e la rinuncia a partecipare ai World Masters Athletics in Polonia. Ma ora Petrillo può correre la sua gara, da protagonista: «Faccio ciò che sognavo, corro da donna».


Foto: Fispes | Valentina Petrillo

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