«Niente più proroghe per i balneari»: il governo Meloni si starebbe adeguando alla linea Ue. Fitto punta sugli indennizzi
«Sui balneari l’Europa ha il coltello dalla parte del manico»: questa è l’opinione di Raffaele Fitto, esplicitata a più riprese nel corso degli incontri a palazzo Chigi che precedono la pausa estiva. Il ministro per gli affari europei, le politiche di coesione e il Pnrr preferirebbe evitare di chiedere altre proroghe: piuttosto, scrive La Stampa, preferisce trattare con Bruxelles sulle modalità con cui far partire le gare. Il quotidiano torinese ricorda che a influenzare la sua posizione potrebbe essere anche la sua candidatura a diventare commissario europeo. Un incarico che non può rischiare di essere pregiudicato dalle richieste dei balneari.
Le indiscrezioni
Se nessuna conferma ufficiale sembra arrivata riguardo l’accordo con Bruxelles, non viene smentita l’ipotesi che la premier potrebbe proporre solo il nome di Fitto alla presidenza dell’esecutivo Ue (la conferma ufficiale dovrebbe arrivare al ritorno dalle vacanze). E dunque, ai parlamentari della maggioranza sarebbe stato richiesto dalla Presidenza del Consiglio di «tenere basse» le dichiarazioni contro l’Europa sulla questione dei balneari. Una fonte di centrodestra avrebbe commentato: «Fitto è diventato il più europeista degli europeisti, crede più lui nella direttiva Bolkestein del signor Bolkestein in persona».
I due binari
In sostanza, a poco servirebbe la bozza fatta uscire recentemente sul tema, che prevede la proroga fino al 31 dicembre 2027 delle concessioni nelle aree in cui la superficie ancora concedibile risulta essere inferiore al 25%. E un ritardo di ulteriori due anni, fino al 2029, se ci sono spazi liberi da mettere a concessione per una quota superiore al 25%. Un provvedimento che dunque ha intenzione di articolarsi su due binari: proroghe per le aree che presentano tratti di costa liberi, e gare dove tutte le spiagge risultano occupate.
I pronunciamenti
Ma la mappatura inviata a Bruxelles a inizio anno è stata presto rispedita al mittente, sottolineando come nel 67% “libero” fossero comprese rocce e posti inaccessibili. Negli ultimi mesi, però, il governo Meloni ha fatto orecchie da mercante nei confronti degli svariati pronunciamenti di Tar e Consiglio di Stato, appellandosi al fatto che secondo la mappatura delle coste sarebbe risultato occupato solo il 33% delle aree del litorale. E sostenendo che la direttiva Bolkestein fosse inapplicabile alle concessioni demaniali esistenti.
L’Antitrust
In seguito alle repliche di Bruxelles, l’Italia ha promesso di revisionare il documento. Ma se i presupposti rimangono questi, l’esito più prevedibile è che la proposta italiana riceverà una bocciatura dalle autorità europee, e si procederà dunque con il deferimento alla Corte di Giustizia. In più ci si mette anche l’Antitrust, chiedendo – in una segnalazione inviata a Comuni e Regioni – la fine dei rinnovi automatici che violano la concorrenza. L’AGCM ha chiesto anche di accelerare le procedure selettive, addirittura per assegnare le concessioni già entro dicembre 2024. Soglia che Palazzo Chigi spera di prorogare almeno fino al 2025.
I lavori in corso
Fitto ambisce, secondo la Stampa, a portare a casa gli indennizzi per chi perde la concessione. Un provvedimento già ipotizzato da Draghi, che all’epoca ottenne però il semaforo rosso del centrodestra. E di una sentenza della Corte Ue, secondo cui le «opere inamovibili» costruite sulle spiagge possono essere espropriate dallo Stato alla scadenza della concessione. Adesso si ipotizza che i suddetti indennizzi possano essere pagati dai nuovi concessionari e determinati da una perizia asseverata. Si sta valutando anche un diritto di prelazione per i concessionari uscenti a parità di offerta, o in assenza di manifestazioni di interesse.
La posizione del Quirinale
Si potrebbe intervenire anche sulle graduatorie, concedendo un punteggio aggiuntivo a chi ha un’esperienza alle spalle e ha assunto personale negli stabilimenti. L’opzione degli indennizzi, e dunque l’abbandono della battaglia sulle proroghe, contribuirebbe anche a distendere i rapporti con il Quirinale. Il Presidente Sergio Mattarella ha già messo in chiaro, seppur informalmente, che non accetterà di firmare una norma di legge in cui si prevedano altri rinvii, esponendo così il Paese a una sentenza della Corte di Giustizia europea.
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