La pista turca nella scomparsa di Angela Celentano. La procura chiede una proroga: «Indagare ancora»

Ma da Ankara finora il silenzio. Una donna, Vincenza Trentinella, sostenne di aver saputo da un prete che la bambina, scomparsa sul Monte Faito, era stata portata a Buyukada

Oggi Angela Celentano avrebbe 31 anni. La bambina scomparve quando ne aveva solo tre il 10 agosto del 1996, sul Monte Faito. E su quel caso, rimasto irrisolto, ora la procura continua a battere la pista turca, chiedendo la proroga delle indagini per altri 180 giorni. A parlarne è Il Corriere della Sera. Secondo la giudice delle indagini preliminari di Napoli Federica Colucci: «Nonostante i solleciti del sostituto procuratore al ministero della Giustizia, nulla è pervenuto dalla Turchia, né il ministero ha risposto sui tempi di evasione della rogatoria», perciò «chi scrive ha concesso ulteriore proroga di 180 giorni per le indagini».


La pista turca su Angela Celentano

La «pista turca» nasce dalla Direzione distrettuale antimafia partenopea nel 2009. Tutto parte dalla denuncia di una cittadina italiana, Vincenza Trentinella, che indicava il piccolissimo isolotto turco di Buyukada come il luogo dove si trova oggi Angela, che vivrebbe con un uomo che crede sia suo padre. Trentinella non ha legami con la famiglia Celentano, ma racconta da anni che furono le confidenze di un prete (don Augusto) a metterla sulle tracce della bambina. Il prelato – dice lei – aveva saputo tutto da una donna nel confessionale e le aveva rivelato i dettagli poco prima di morire, «perché non posso tenermi questo peso sulla coscienza». «Così, dopo la sua morte, andai in Turchia a verificare quella storia – racconta Trentinella – ed ebbi la certezza che era tutto vero: quell’uomo esiste, io l’ho incontrato con un pretesto, ha una cicatrice sul collo. E Angela vive con lui». Il tutto, inclusa una fotografia della presunta Angela e il nome di quell’uomo (Fafhi Bey), con le indicazioni sul luogo in cui vive e le testimonianze di alcuni conoscenti, finirono in un fascicolo d’inchiesta della magistratura italiana. Come ricostruisce il quotidiano furono anche mandati investigatori dall’Italia per interrogare il sospettato. Ma poi, alla fine, arrivò la richiesta di archiviazione. Colucci però insiste: anche perché non si sarebbe fatto un buon lavoro. Sul posto sarebbe stata interrogata la persona sbagliata. Un’altra, che utilizza l’utenza telefonica di Fafhi Bey e che non aveva le cicatrici sul collo indicate da Trentinella. Per questo finora la gip ha negato l’archiviazione e chiesto nuovi approfondimenti. Ma, sottolineano le carte, Ankara non collabora: «allo stato nulla è pervenuto dalla Turchia né il ministero della Giustizia risponde sulla tempistica della rogatoria».


(in copertina un momento delle ricerche della piccola Angela Celentano sul monte Faito, in una immagine del 14 agosto 1996. ANSA/CIRO FUSCO)

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