Livorno, i comuni della Val di Cornia contro il fotovoltaico nei campi: «Fatelo sui capannoni. Agricoltura è scelta di vita»

Le aziende agricole si ribellano alle installazioni di generatori solari nelle terre fertili: «Siamo favorevoli agli impianti, ma sui tetti o nelle aree industriali»

«Giù le mani dai campi. No al fotovoltaico». Uno striscione accoglie chiunque entri a Suvereto, nella val di Cornia (Livorno). Qui e negli altri comuni, Piombino, Sassetta, San Vincenzo e Campiglia, è guerra al cosiddetto “agri-voltaico”, cioè alle installazioni di impianti di fotovoltaico nei campi agricoli. Una battaglia portata avanti dal comitato «Terre di Val di Cornia» che ha lanciato una petizione al governatore della Regione Toscana Eugenio Giani affinché approvi una legge che blocchi per 18 mesi il via libera ai progetti delle multinazionali e dei gruppi privati. Un provvedimento simile a quello portato avanti dalla Sardegna e dalla presidente Alessandra Todde, seppure impugnato dal governo. «Sia chiaro, noi siamo favorevoli al fotovoltaico ma sui tetti o nelle aree industriali, non nei campi», spiega Mariano Giannini, 35 anni, proprietario di un’azienda agricola vicino Suvereto sentito dal Corriere Fiorentino.


La protesta

«Mi affaccio dalla finestra e vedo i miei sette ettari di grano e ulivi. Li guardo con orgoglio, come a delle creature coltivate con fatica e amore. L’agricoltura è per me una scelta di vita, amo la terra. Ho studiato per l’agricoltura e ho sempre visto il mio futuro nella campagna. Mi chiedo però: fino a quando? La paura è che il fotovoltaico e il cosiddetto agri-voltaico distruggano i campi e il mio sogno di agricoltore», illustra Giannini. La protesta degli agricoltori della Val di Cornia si scontra con questo dilemma, l’investimento nelle rinnovabili utilizzato come pretesto alle speculazioni sui terreni e sui progetti di vita. «Siamo contrari alla speculazione di grandi aziende che in nome dell’energia pulita, esigenza da noi condivisa, tentano di distruggere i nostri campi, il paesaggio contadino della Val di Cornia», prosegue l’agricoltore. Una foglia di fico dietro cui si nasconderebbero contraddizioni come «gli impianti Bess, cioè impianti per lo stoccaggio di energia mediante batterie poste all’interno di container refrigerati, con un grande impatto ambientale». Per questo i più giovani hanno deciso di costituire il comitato «Terre di Val di Cornia», per fare quadrato e chiedere un intervento del presidente Giani.


Le richieste del comitato: blocco dei progetti e accordi sulle aree

L’idea segue l’esempio sardo. Ottenere una legge regionale che blocchi per un periodo temporaneo, 18 mesi, i progetti presentati da multinazionali e gruppi privati e semi-privati (Sorgenia, Solarig, Iren, Orta Energy 14 e San Nicola) e concertare con i Comuni le aree dove installare gli impianti. Il coordinatore del comitato è Marco Bonucci, 30 anni, che al Corriere Fiorentino spiega: «Sono gruppi che presentano progetti in quantità sperando che la passività di alcune zone ed istituzioni permettano di arrivare a buon fine. Mentre pochissimi gli esempi di progetti da piccoli agricoltori». Il Comune può solo esprimere un parere sui progetti presentati, opinione non vincolante che non permette di bloccare l’iter. Processo analogo per la Regione, mentre la decisione può essere impugnata da Roma. Tuttavia, secondo Bonucci, anche la Regione deve essere chiamata in causa perché «proprio in questi mesi le regioni hanno il compito di definire le aree idonee e non idonee ai vari tipi di impianti. Molti dei problemi nascono dal fatto che da tre anni abbiamo un vuoto normativo che ha lasciato la possibilità a questi gruppi, che tentano per buona parte di sfruttare il Pnrr e Pniec (Piano nazionale integrato energia e clima), di proliferare nelle campagne». Infatti, fino a 12 mw l’iter è di competenza comunale, sebbene l’ente non si possa opporre. Al di là di questo limite la procedura diventa regionale e per i progetti più importanti addirittura nazionale. Gli agricoltori poi vedono offerte molto allettanti per i loro terreni coltivati: gli ettari vengono pagati dalle 4 alle 5 volte il prezzo di mercato (si superano i 50mila euro). «Più sono vicini alla stazione Terna dove allacciarsi, più sono disposti a pagare, fino a 170mila euro a ettaro. Vanno alla ricerca dei terreni di pianura (quindi quelli più fertili) e si avvicinano agli agricoltori in difficoltà. Da qui, il proliferare dei mega impianti», spiega Bonucci.

La tutela all’enoturismo toscano

La protesta è alimentata anche dalla volontà di tutelare le colline toscane e quell’enoturismo che ha reso famosa a livello mondiale la regione. «Per noi l’agricoltura è una scelta di vita, non siamo contrari al fotovoltaico ma a questo progetto che rischia di deturpare una delle valle più belle d’Italia», spiega Simone Pigatto, 48 anni, del comitato. Il collega, Daniele Petricci, aggiunge: «No al fotovoltaico nei campi perché viviamo di enoturismo e sicuramente non si viene in Toscana per i pannelli solari ma per i paesaggi formati da vigneti oliveti e campi di girasole».

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