Vaiolo delle scimmie (Mpox), in Svezia il primo caso Ue della variante Clade1: «Niente allarme». Bassetti: «Evitare la diffusione globale»

Da Stoccolma rassicurano: «Il rischio di infezione è basso. Ci sono vaccini, ne abbiamo in magazzino»

Era solo di mercoledì 14 agosto l’annuncio dello stato di emergenza sanitaria internazionale per il focolaio di vaiolo delle scimmie (Mpox) scoppiato in Africa. Giovedì 15 agosto l’Agenzia svedese per la sanità pubblica ha comunicato di aver registrato il primo caso al di fuori dell’Africa della variante più pericolosa del virus Monkeypox: la Clade 1b. Il ministro della salute svedese Jakob Forssmed ha però invitato alla calma: «Credo che la situazione sia seria, ma non c’è motivo di allarmarsi». L’infettivologo Matteo Bassetti, all’Ansa, è sulla stessa linea: «Senza fare allarmismo. Bisogna sensibilizzare tutti in tutto il mondo. Non si tratta più di un problema della Repubblica popolare del Congo».


Il primo caso in Ue

«Ad una persona è stato diagnosticato a Stoccolma il morbo causato dalla variante Clade 1. È il primo caso causato dal Clade 1 ad essere diagnosticato al di fuori del continente africano», ha riportato l’Agenzia svedese per la sanità pubblica in un comunicato. La prima volta del virus Monkeypox in territorio europeo non deve però generare isterie, come prova a illustrare la stesso Forssmed: «Il rischio di infezione è basso. Siamo ben preparati e i servizi sanitari dispongono di buone procedure in materia. È una malattia conosciuta. Ci sono vaccini e ne abbiamo in magazzino».


Bassetti: «Le vittime principali sono oggi i minori»

In un post su Instagram di giovedì 15 agosto, il direttore del reparto di malattie infettive dell’ospedale policlinico San Martino di Genova Matteo Bassetti aveva invitato la propria community alla riflessione sulla diffusione del virus Monkeypox (Mpox): «Quindici mesi dopo la fine dell’emergenza che lo aveva visto protagonista, il vaiolo delle scimmie – ormai ribattezzato Mpox – torna a fare paura». L’infettivologo precisava poi quale fosse la novità nell’aggressività del virus, la variante 1b: «Si parla di circa 15 mila casi nel continente africano dall’inizio dell’anno e 461 i decessi». Il vaiolo delle scimmie desta preoccupazione per la giovane età, in questo momento, delle vittime: «Secondo i dati diffusi dall’Oms, il 39% dei casi e il 62% dei decessi riportati dall’inizio dell’anno fino a maggio nella Repubblica Democratica del Congo riguardavano bambini con meno di 5 anni di età. Il 20% delle persone decedute non aveva ancora compiuto un anno e negli ospedali, riferisce Save the Children, sono ricoverati a causa della malattia anche neonati di appena due settimane». Poi l’anticipazione che si è già verificata nella giornata di giovedì 15 agosto: «Il virus sta mostrando di essere capace di varcare i confini dei pPaesi dove è stato descritto maggiormente e insediarsi in aree in cui fino a oggi non era presente. Si tratta quindi di una malattia infettiva di difficile contenimento. Potrebbero esserci casi d’importazione legati ai viaggi, anche nel nostro Paese. Occorre organizzarsi presto con tutte le misure di terapia e profilassi per evitare la diffusione globale»

L’infettivologo: «Con il caso in Svezia ne parleremo. Senza fare allarmismo»

Raggiunto dall’Ansa, Bassetti è intervenuto per commentare la scoperta dell’arrivo del vaiolo delle scimmie in Europa: «Ora con il caso in Svezia di questa situazione ne parleremo. Senza fare allarmismo ma facendo una seria preparazione al problema». Non siamo impreparati, ha chiarito l’infettivologo: «I test ci sono, gli stessi già utilizzati nel 2022 quando è arrivata la malattia. Cambia il target ma siamo attrezzati. L’abbiamo già conosciuto». Anche se riconosce che «oggi le manifestazioni cliniche sono differenti, la malattia è più grave e più virulenta e per questo bisogna essere attenti e fare diagnosi precoci». Poi il direttore del San Martino di Genova ha invocato una maggiore attenzione: «Con questa variante Clade1 è cambiata l’epidemiologia del vaiolo delle scimmie. Prima era riferita a persone più a rischio, ora riguarda target molto più ampi. Si allarga lo spettro di questa malattia ad altri soggetti. Bisogna sensibilizzare tutti in tutto il mondo. Non si tratta più di un problema della Repubblica popolare del Congo».

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