La vecchia notizia fuorviante sui video «insabbiati da Kamala Harris» su un presunto «traffico di feti abortiti»

Il Congresso americano, sotto la presidenza Trump, impiegò 15 mesi e oltre un milione di dollari per indagare sui video senza riscontrare prove valide contro la Planned Parenthood

Ancora una volta dobbiamo occuparci di Planned Parenthood, un’organizzazione americana erroneamente accusata e citata come responsabile di un fantomatico traffico di feti abortiti. Le elezioni americane del 2020 furono inquinate da false notizie sulla vicenda, con l’obiettivo di attaccare la candidata alla vicepresidenza Kamala Harris, accusandola di voler imprigionare degli attivisti del Center for Medical Progress (CMP), i quali avevano denunciato l’organizzazione. Accuse simili vengono riproposte oggi contro Kamala Harris, a seguito della sua candidatura come Presidente degli Stati Uniti e della diffusione di presunti nuovi video che dimostrerebbero «il commercio di organi di bambini abortiti da parte di Planned Parenthood». Tuttavia, le cose sono andate diversamente.

Per chi ha fretta

  • I repubblicani del Congresso americano, durante la presidenza Trump, non riscontrarono alcuna prova a sostegno delle accuse contro Planned Parenthood, nonostante avessero a disposizione le stesse riprese diffuse nel 2024.
  • Il Congresso impiegò 15 mesi e 1,59 milioni di dollari per condurre l’indagine riguardo a Planned Parenthood, pubblicando un report finale il 30 dicembre 2016.
  • Al fine di analizzare i video, il Congresso americano ottenne le registrazioni integrali dal Center for Medical Progress (CMP).
  • I video forniti dal CMP erano stati modificati o manipolati con un chiaro intento ingannevole, omettendo dichiarazioni che avrebbero scagionato l’organizzazione.
  • Gli attivisti del CMP vennero incriminati nel 2017 per 15 reati dal procuratore generale della California, Xavier Becerra, non da Kamala Harris.
  • Nel 2019, una giuria civile federale di San Francisco aveva stabilito che Planned Parenthood dovesse ricevere un risarcimento di oltre 2 milioni di dollari.

Analisi

Ecco uno dei post che riporta la presunta notizia, condividendo un’immagine raffigurante la vicepresidente americana con il seguente testo:

Lo scandalo negli USA

Traffico di feti abortiti, online i video insabbiati da Kamala Harris

L’articolo della testata italiana

Il testo riprende il titolo di un articolo de La Nuova Bussola Quotidiana pubblicato il 13 agosto 2024. Ecco l’introduzione del pezzo:

Cinque video girati sotto copertura che dimostrano il commercio di organi di bambini abortiti da parte di Planned Parenthood. Filmati fatti sequestrare nel 2016 da Kamala Harris, allora procuratrice generale della California, e oggi pubblici grazie a un’inchiesta del Congresso. Ma i media mainstream non ne parlano.

I video in questione, come raccontato nell’articolo, sono quelli registrati di nascosto da due “reporter” del Center for Medical Progress (CMP) durante un incontro con due dirigenti della Planned Parenthood Gulf Coast: la dottoressa Ann Schutt-Aine e Tram Nguyen, vicepresidente del ramo “Accesso all’aborto” di una delle cliniche in Texas.

Secondo quanto riportato dalla testata italiana, nel marzo 2016, l’allora procuratrice generale della California, Kamala Harris, ordinò il sequestro di tutto il materiale riguardante i video sotto copertura. Le scene rimasero custodite fino al 30 luglio scorso, quando furono pubblicate dalla deputata repubblicana Marjorie Taylor Greene.

Perché i filmati non riaprono il caso Planned Parenthood

Riprendiamo questo passaggio de La Nuova Bussola Quotidiana:

Ma il 19 marzo di quest’anno, un comitato del Congresso statunitense ha tenuto un’udienza indipendente con il fine di «indagare sul mercato nero del prelievo di organi da bambini». In quell’occasione David Daleiden, fondatore del Cmp, ha presentato alcuni dei video più significativi dell’inchiesta condotta da lui e Sandra Merritt, anche lei attivista pro vita. A maggio è arrivato finalmente il via libera della Corte distrettuale di San Francisco, che ha stabilito di non avere più «una base legale» per impedire a Daleiden di ripubblicare i video citati in giudizio e già rilasciati dal Congresso.

Questi video erano già nelle mani del Congresso americano? Da quanto tempo? Da più di 5 anni, o forse di più. La testata italiana La Verità aveva pubblicato il 19 ottobre 2017, in prima pagina, un articolo dal titolo “Feti abortiti per fabbricare vaccini. Donne usate come galline ovaiole”, firmato da Patrizia Floder Reitter, riguardo alle accuse contro Planned Parenthood. Nell’articolo venivano interpellati come esperti Stefano Montanari e Antonietta Gatti, già noti per aver diffuso informazioni fuorvianti sui vaccini. Si legge inoltre che sul caso «da mesi l’FBI ha avviato indagini e anche il Congresso americano se ne occupa».

In realtà, come spiegato da Open Fact-checking nel 2021, il Congresso se ne era già occupato, pubblicando un report dettagliato nel dicembre 2016, molto prima dell’articolo de La Verità. A seguito delle indagini, sia a livello statale che nazionale, fino all’istituzione di un gruppo d’indagine presso la Camera dei rappresentanti americana, non era stata riscontrata alcuna prova a sostegno delle accuse contro Planned Parenthoo su un presunto traffico di feti abortiti.

I video citati nel report del Congresso nel 2016

Il report finale delle indagini, per un totale di 427 pagine, venne pubblicato il 30 dicembre 2016. I video recentemente pubblicati erano già noti al Congresso americano. Ad esempio, in una delle conversazioni, una delle due dirigenti avrebbe pronunciato frasi come «sì, ho una gamba per te!» e «Sei dannatamente malvagia». Queste parole («Yeah I have like a leg for you») sono riportate a pagina 356 del report.

Come per tutta la restante documentazione utilizzata per accusare Planned Parenthood, anche i video recentemente diffusi furono esaminati durante le indagini del Congresso, che ricordiamo era in carica durante la presidenza Trump.

Ciò che non viene riportato nelle narrazioni

Nel sito della House Committee on Oversight and Reform della Camera, a partire dal 2019 (poi riportata qui), venne pubblicata una sezione dedicata al caso, in cui le accuse venivano messe a confronto con i fatti. In uno dei punti si fa riferimento al Center for Medical Progress (CMP) e a David Daleiden, indicando che i loro video risultarono inequivocabilmente modificati e manipolati con un chiaro intento ingannevole. Le manipolazioni includevano l’omissione di dichiarazioni in cui una dirigente di Planned Parenthood affermava chiaramente che l’organizzazione non traeva profitto dai tessuti fetali.

L’indagine, avviata dai repubblicani della presidenza Trump alla Camera, impiegò 15 mesi e 1.59 milioni di dollari per poi, come dimostrato anche dalle indagini da parte di più di una dozzina di Stati, non riscontrare alcuna prova contro la Planned Parenthood.

Nel 2019, una giuria civile federale di San Francisco aveva stabilito a Planned Parenthood un risarcimento di oltre 2 milioni di dollari, dopo che venne stabilito che il CMP aveva violato le leggi federali e statali registrando segretamente i dipendenti dell’organizzazione.

Per ulteriori dettagli, consigliamo la lettura del nostro fact-check del 2021.

Le conseguenze delle narrazioni fuorvianti

Le notizie fuorvianti contro Planned Parenthood scatenarono minacce di morte e alcuni atti vandalici nei confronti dei dipendenti e delle sedi dell’organizzazione.

L’attentatore della clinica Planned Parenthood a Colorado Springs, nello Stato del Colorado, che causò la morte di tre persone nel 2015.

Il 27 novembre 2015, un uomo di 57 anni di nome Robert Lewis Dear Jr. si presentò armato presso una clinica di Planned Parenthood nel Colorado, causando la morte di tre persone e ferendone altre nove. Secondo quanto riportato da NBC News, l’attentatore avrebbe detto «no more baby parts», facendo riferimento alle accuse false e fuorvianti contro l’organizzazione riguardo a un presunto traffico di feti abortiti e di tessuti fetali.

Nel 2017, l’ufficio del procuratore generale della California, Xavier Becerra, decise di incriminare gli attivisti della CMP per 15 reati gravi connessi ai video. Questo fatto smentisce la narrazione, inizialmente diffusa nel 2020, che attribuiva a Kamala Harris la responsabilità della loro incriminazione.

Conclusioni

La recente diffusione dei video registrati di nascosto dalla CMP non apporta alcun elemento nuovo utile per incriminare Planned Parenthood. Questi video furono già presi in considerazione durante le indagini svolte in passato, comprese quelle lunghe e costose avviate dal Congresso americano durante la presidenza Trump, senza riscontrare alcuna prova utile per incolpare l’organizzazione su un presunto traffico di feti abortiti.

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