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Matthew Perry, ultime ore prima della morte. Dai messaggi a Jennifer Aniston alle iniezioni di ketamina dell’assistente: «Fammene una grossa»

16 Agosto 2024 - 20:51 Ugo Milano
Si dichiara colpevole il medico che procurò la ketamina che uccise l'attore
Si dichiara colpevole il medico che procurò la ketamina che uccise l'attore
La procura di Los Angeles ritiene responsabili cinque persone, tra le quali l'assistente personale dell'attore e due medici, tutti d'accordo per procurargli la sostanza stupefacente che aveva iniziato ad assumere contro la depressione

Emergono nuovi dettagli sulla morte di Matthew Perry, l’attore di Friends scomparso nel 2023 e per la cui morte è stata aperta un’inchiesta con cinque indagati. La procura di Los Angeles, incaricata delle indagini, ha fatto luce sulla sequenza di eventi che ha portato alla morte dell’attore, trovato senza vita nella sua vasca idromassaggio il 28 ottobre 2023. La causa ufficiale della morte è l’annegamento. Ma quello stesso annegamento, ha comunicato la procura californiana alla chiusura delle indagini, sarebbe stato causato da una perdita di sensi indotta da alcune sostanze stupefacenti che aveva in corpo. Già in passato Perry aveva avuto problemi di dipendenze.

Le tre dosi iniettate nel giorno della morte

La morte di Matthew Perry, secondo gli inquirenti, sarebbe da imputare a chi gli ha procurato e somministrato la ketamina, assunta poco prima di entrare in vasca. I pm hanno ipotizzato che all’attore siano state fatte 20 iniezioni di keta in quattro giorni. Le ultime tre sono state somministrate il 28 ottobre, giorno della sua morte. A iniettare materialmente la sostanza nelle vene di Perry sarebbe stato Kenneth Iwamasa, assistente personale dell’attore. Assieme a lui sono indagati anche due medici e Jasveen Sangha, una donna di 41 anni ribattezzata «Ketamine Queen» e accusata di essere la spacciatrice dei vip di Los Angeles. Nella sua deposizione, Iwamasa spiega che è stato Perry a chiedergli di preparare una terza dose di ketamina del 28 ottobre, quella risultata fatale. «Shoot me up with a big one», «Fammene una forte», gli avrebbe detto l’attore.

Il «congelamento» due settimane prima della morte

Il 12 ottobre, ossia meno di tre settimane prima della morte, uno dei due medici indagati avrebbe iniettato a Perry una dose di ketamina mentre si trovava a casa. Una dose più alta del solito, tanto che l’attore avrebbe avuto un picco di pressione e si sarebbe «congelato» per qualche secondo, senza riuscire a parlare o muoversi. Eppure, il medico avrebbe comunque lasciato altre dosi a Perry e al suo assistente. «Mi chiedo quanto sarebbe disposto a pagare questo imbecille», si legge in un messaggio inviato dal dottor Salvador Plasencia a settembre, un mese prima della morte.

I messaggi a Jennifer Aniston

La mattinata del 28 ottobre, Perry ha anche scritto alcuni messaggi alla collega Jennifer Aniston, anche lei nel cast della celebre serie tv Friends. «Ho messaggiato con lui letteralmente quella mattina», ha detto Aniston in una recente intervista a Variety, «non stava soffrendo, era felice. Era sano, aveva anche smesso di fumare, si stava rimettendo in forma. Voglio che le persone sappiano che lavorava duro, che stava cercando di essere in salute». Perry aveva parlato delle sue dipendenze anche nel libro autobiografico Friends, amanti e la Cosa terribile, uscito nel 2022. Per combattere la depressione stava seguendo un regolare protocollo terapeutico che prevedeva anche iniezioni di ketamina con dosi calibrate e mai eccessive. È possibile che poi abbia sviluppato una dipendenza dalla sostanza, e quando ha chiesto di aumentare il dosaggio, i sanitari si sono rifiutati. Per questo ha cercato altrove, trovando la compiacenza dei due medici ora indagati – questa l’ipotesi degli inquirenti – che lo avrebbero assecondato senza prudenza. «Medici privi di scrupoli», li ha definiti la responsabile dell’agenzia Usa per il controllo degli stupefacenti Anne Milgram, che vedevano Perry solo come «un mezzo attraverso cui fare soldi, violando il loro giuramento professionale».

Foto di copertina: EPA/Tamas Vasvari

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