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Mpox: quali sono i sintomi, cosa rischia chi viene contagiato, perché i casi sono in aumento. E perché non va chiamato «vaiolo delle scimmie»

16 Agosto 2024 - 17:10 Ugo Milano
Domande e risposte sulla malattia che ha iniziato a circolare nella Repubblica Democratica del Congo e che è arrivata nell'Ue, con il primo caso di variante Clade1 registrato in Svezia

Lo scorso 14 agosto l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) ha dichiarato lo stato di emergenza sanitaria internazionale (Pheic) per la diffusione del virus Mpox. «Il rilevamento e la rapida diffusione di un nuovo ceppo di Mpox nella parte orientale della Repubblica Democratica del Congo, il suo rilevamento nei Paesi vicini che non avevano precedentemente segnalato la malattia, e il rischio di un’ulteriore diffusione in Africa e oltre, sono molto preoccupanti», ha dichiarato in quell’occasione Tedros Adhanom Ghebreyesus, direttore generale dell’Oms. Ma cos’è di preciso Mpox? Quali sono i sintomi? E cosa rischia chi viene contagiato?

Cos’è Mpox?

Mpox è una malattia causata dal monkeypox virus, appartenente alla famiglia Poxviridae, la stessa del vaiolo. Si tratta di una zoonosi virale, ossia di una malattia infettiva che può diffondersi dagli animali all’uomo, ma può anche diffondersi tra le persone.

Perché è meglio non chiamarla «vaiolo delle scimmie»?

Fino a qualche anno fa, Mpox era noto come «vaiolo delle scimmie». Nel 2022, l’Organizzazione mondiale della sanità ha rivolto un appello a cittadini e organi di informazione affinché accantonassero una volta per tutte questa denominazione per non creare confusione e stigma sociale. Due elementi, ha sottolineato di recente anche la virologa Ilaria Capua, che «di certo non aiutano durante un’emergenza sanitaria».

Quali sono i sintomi?

I sintomi del Mpox sono simili a quelli dell’influenza e includono febbre, brividi e dolori muscolari. In genere i pazienti che contraggono la malattia devono fare i conti anche con eruzioni cutanee che iniziano come semplici macchie in rilievo e si trasformano poi in vesciche piene di liquido e infine in croste.

Cosa sono «clade 1» e «clade 2»?

Esistono fondamentalmente due tipologie di Mpox, definite «clade 1» e «clade 2». Nel 2022 aveva destato preoccupazione la circolazione del clade 2. Questa volta, invece, l’aumento di casi segnalati in Africa riguarda un ramo del clade 1, che è più virulento e può portare a malattia grave e morte in un numero più elevato di casi. Finora l’Oms ha stimato una letalità del 3% per il clade 1, ma secondo alcuni esperti il dato potrebbe essere sottostimato.

Come si diffonde?

Una persona affetta da Mpox è infettiva a partire dalla comparsa dei primi sintomi e fino alla caduta delle croste e di tutte le lesioni sulla pelle. La trasmissione può avvenire tramite il contatto fisico ravvicinato, compresa l’attività sessuale, con un persona infetta, i suoi fluidi corporei o le sue lesioni cutanee. Non è ancora stato stabilito se il virus possa essere trasmesso sessualmente anche attraverso i fluidi genitali. Ciò che è certo è che ne rimane traccia anche sugli oggetti contaminati: vestiti, lenzuola, asciugamani, posate, superfici.

Chi è più colpito?

Durante l’epidemia globale di Mpox del 2022, la stragrande maggioranza dei casi segnalati riguardava uomini gay o bisessuali. Questa volta, invece, oltre il 70% dei casi di Mpox e circa l’85% dei decessi registrati in Congo (il Paese più colpito) riguarda bambini sotto i 15 anni. Secondo gli esperti, il motivo potrebbe risiedere negli alti tassi di malnutrizione, che rendono i bambini più vulnerabili alle infezioni.

Dove si sta diffondendo?

Un nuovo ramo del clade 1, ribattezzato «clade 1b», è stato rilevato nella Repubblica Democratica del Congo, dove sono stati segnalati oltre 14mila casi e 524 decessi per Mpox dall’inizio del 2024. Altre infezioni sono state segnalate anche in Kenya, Uganda, Ruanda e Burundi. La Svezia è diventato il primo Stato non africano a registrare un caso di Mpox, clade 1b.

Esiste un vaccino?

I vaccini contro Mpox esistono ma le autorità sanitarie africane lamentano difficoltà nell’accedere alle dosi. Secondo l’Africa Centres for Disease Control and Prevention – CDC sarebbero disponibili appena 200mila dosi a fronte di una necessità di circa 10 milioni. I programmi di vaccinazione sono ancora in fase di studio, ma è probabile che daranno precedenza a gruppi più a rischio, come le persone affette da HIV.

Foto di copertina: Wutianzeri/Dreamstime

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