Mpox: diffusione, vaccini e rischi attuali. Ecco la situazione globale

Perché attualmente in Europa Mpox è una emergenza sotto controllo

Dopo le notizie riguardo ai focolai di Mpox esplosi in diversi stati africani, è arrivata la conferma di un primo caso in Svezia. La malattia precedentemente nota come Monkeypox, ovvero “Vaiolo delle scimmie“, non va confusa col Vaiolo vero e proprio (in Inglese Smallpox), e viste le assonanze nella lingua usata convenzionalmente nelle pubblicazioni scientifiche, l’OMS aveva già raccomandato un aggiornamento della nomenclatura, come spieghiamo in dettaglio qui.


Ma le differenze rispetto a due anni fa quando Mpox destò le attenzioni della stampa mondiale, non finiscono qui. Riguardo al primo caso svedese la direttrice a interim della Sanità Ilivia Wigzell ha affermato in conferenza stampa, che «la persona colpita è stata infettata durante un soggiorno in una zona dell’Africa dove è presente una vasta epidemia di Mpox Clade 1». Il paziente aveva cercato assistenza nell’area di Stoccolma. Questo al momento non si traduce in un rischio per la popolazione generale. Intanto il direttore dell’OMS Tedros Adhanom Ghebreyesus aveva già annunciato l’emergenza sanitaria internazionale (Pheic).


«Il comitato di emergenza si è riunito e mi ha comunicato che la situazione rappresenta un’emergenza sanitaria pubblica di rilevanza internazionale», ha affermato Ghebreyesus lo scorso 14 agosto.

Emergenza Mpox sotto controllo nei paesi che possono permetterselo

Il problema è soprattutto nei paesi in cui scarseggiano i vaccini e vi sono lacune nella prevenzione. La malattia sta colpendo maggiormente diversi stati africani a partire dalla Repubblica Democratica del Congo. Chi prevede di viaggiare nelle zone più colpite dovrebbe vaccinarsi. Chi lo ha già fatto in precedenza consideri che i richiami raccomandati sono ogni due o dieci anni a seconda dei casi. Conta anche il rischio di esposizione. Consultate il medico di base per ulteriori chiarimenti.

Negli ultimi mesi il Mpox ha ucciso almeno 450 persone nel Congo. Come riporta la BBC, parliamo di casi legati a un nuovo tipo o Clade chiamato 1b, più virulento di quello 2, che circolava per esempio nel 2022. Il microbiologo Luca Fanasca ha pubblicato recentemente una analisi interessante in merito. «Esistono due distinte tipologie di Monkeypoxvirus (MPXV) – spiega l’esperto -, definite tassonomicamente “cladi”. Clade 1 e clade 2. Il clade 2 a sua volta si suddivide in 2a e 2b». Similmente distinguiamo anche il clade 1a e 1b.

È una emergenza, ma cerchiamo di capire di che entità. Abbiamo visto che l’OMS – già scottata da una precedente pandemia la cui portata venne inizialmente sottovalutata -, ha lanciato l’emergenza internazionale. Non di meno l’ECDC europeo ritiene al momento che il rischio di diffusione negli stati dell’Unione sia piuttosto basso. Per quanto non siano esclusi nuovi casi, questi dovrebbero restare circoscritti.

«La probabilità di infezione da MPXV clade 1 per i cittadini UE/SEE che viaggiano o vivono nelle aree colpite e hanno stretti contatti con le comunità colpite è elevata – spiega l’ECDC -, mentre la probabilità di infezione è bassa quando si evitano i contatti con le comunità colpite. Si prevede che la gravità della malattia sarà bassa. Nel complesso, il rischio per queste popolazioni è rispettivamente moderato e basso».

In generale possiamo dire che la malattia può essere trasmessa da uomo a uomo attraverso contatto ravvicinato con vesciche o croste, durante rapporti sessuali, tosse e starnuti di un soggetto affetto da Mpox. Ma sulle principali vie di diffusione rimangono ancora diversi punti da chiarire.

«Sebbene tra i casi infetti da MPXV clade 1 siano rappresentati tutti i gruppi di età – continua il report dell’ECDC -, i dati preliminari mostrano che le infezioni da virus clade 1b riguardano principalmente gli adulti della popolazione, mentre le infezioni da clade 1a riguardano soprattutto i bambini. Ad oggi, ci sono ancora significative incertezze sulle principali vie di trasmissione, sulla trasmissibilità, sulla gravità e sulla storia naturale della malattia e se queste differiscono tra le due sotto-cladi circolanti del clade 1».

Il vaccino e i trattamenti contro il Clade 1

Intanto nei paesi africani colpiti – a cominciare dal Congo dove tutto è cominciato -, i funzionari umanitari chiedono l’invio di maggiori test diagnostici, che scarseggiano, così come le dosi di vaccino. L’azienda farmaceutica danese Bavarian Nordic produce il vaccino contro Vaiolo e Mpox attualmente a disposizione (Imvanex). L’azienda ha annunciato di essere in attesa dell’approvazione da parte dell’EMA per la somministrazione agli adolescenti di età compresa tra 12 e 17 anni (qui i risultati preliminari dello studio clinico di seconda fase).

«Si sta inoltre preparando per una sperimentazione clinica per valutare l’immunogenicità e la sicurezza di MVA-BN nei bambini di età compresa tra 2 e 12 anni – ha aggiunto l’azienda -, con l’obiettivo di estendere ulteriormente l’indicazione del vaccino alle popolazioni più giovani».

Attualmente, il vaccino è approvato solo per gli adulti, ma negli Stati Uniti è stata concessa l’approvazione d’emergenza anche agli adolescenti fin dalla prima epidemia del 2022.

Secondo quanto riporta il Guardian, lo screening del Mpox è aumentato a livello globale man mano che sempre più casi stanno emergendo fuori dall’Africa. Al momento vi sono risultati deludenti in merito a un trattamento contro il Clade 1 alla base dell’epidemia attuale.

«Anche il Pakistan ha segnalato il suo primo caso di vaiolo e la Cina ha annunciato che inizierà lo screening dei viaggiatori per il virus. L’Agenzia per la sicurezza sanitaria del Regno Unito ha affermato che non ci sono stati casi di virus nel Regno Unito e che il rischio è considerato basso – riporta il sito d’informazione britannico -, ma è in corso una pianificazione per prepararsi ad eventuali casi futuri».

Non esistono trattamenti specifici. Nell’epidemia del 2022 il farmaco tecovirimat è risultato efficace contro le infezioni causate da tutti gli Orthopoxvirus (genere a cui appartiene anche la famiglia del Monkeypox virus). Tuttavia un recente studio randomizzato e controllato con placebo, non ha portato a risultati soddisfacenti per il Clade 1, già endemico in Africa e in grado di diffondersi in modo più sostenuto. Degno di nota anche l’antivirale brincidofovir, autorizzato negli Stati Uniti, ma non in Europa.

Non di meno nella stessa ricerca è emerso un dato incoraggiante, che sembra confermare il ruolo decisivo della prevenzione e dell’ospedalizzazione tempestiva: il tasso di mortalità era del 1,7% su 597 pazienti, con o senza farmaco. I ricercatori notano che si tratta di un dato complessivo inferiore a quello di oltre il 3,6% riscontrato altrove. Secondo la casa farmaceutica produttrice del tecovirimat, i risultati suggeriscono anche come una somministrazione tempestiva nelle prime fasi della malattia prevenga le forme gravi. Questo però non viene dimostrato nello studio, ragione per cui saranno necessari ulteriori ricerche in merito. 

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