Il Cremlino alza il tiro sui giornalisti Rai a Kursk: «Sono complici dell’aggressione ucraina contro la Russia»

Nuovo duro attacco della portavoce del ministero degli Esteri di Mosca. E l’inviato Ilario Piagnerelli riconosce l’errore nel suo servizio

Continua e si fa se possibile più dura la campagna politica – oltre che giudiziaria – della Russia contro i giornalisti della Rai entrati nei giorni scorsi nella regione russa di Kursk al seguito delle truppe ucraine che vi stanno dilagando. La portavoce del ministero degli Esteri di Mosca, Maria Zakharova, ha dichiarato oggi che il loro ingresso – e quello degli altri cronisti occidentali – oltre confine è prova «di un loro coinvolgimento diretto nell’attuazione di un’aggressione ibrida su larga scala contro la Russia». Zakharova, evocando in particolare la missione della giornalista della Rai Stefania Battistini e dell’operatore Simone Traini, diventata un caso internazionale, ricorda minacciosa che «contro alcuni rappresentanti dei media stranieri sono già stati aperti procedimenti penali per aver attraversato illegalmente il confine di Stato». La portavoce del Cremlino rincara la dose in un’intervista al giornale Vzglyad sostenendo che «i resoconti dei media occidentali dalla regione di Kursk perseguono una serie di obiettivi, tra cui la protezione dei crimini di Kiev, la manipolazione dell’opinione pubblica e la creazione del contesto necessario per un ulteriore sostegno occidentale alle forze armate ucraine. Questi pseudo-reporter possono essere qualificati solo come traditori della professione che si sono abbassati a partecipare direttamente alla fabbricazione e diffusione della propaganda ucronazista».


Ilario Piagnerelli e la replica al Cremlino

Ieri, 18 agosto, Zakharova si era scagliata contro un altro inviato Rai, Ilario Piagnerelli. L’accusa era quella di «elogiare i neonazisti ucraini mentre posano in reportage indossando simboli delle SS». La colpa del cronista sarebbe quella di «aver fatto una video intervista mostrando un uomo che indossa un berretto con il segno della divisione SS “Leibstandarte Adolf Hitler”». Oggi, su X, Piagnerelli riconosce di aver sbagliato nel dare spazio a un personaggio tanto ambiguo: «Mi rammarico profondamente di aver dato voce a un soldato ucraino che solo dopo la messa in onda del reportage ho notato indossare una patch con un simbolo nazista», scrive il giornalista, pur precisando poi di non voler cedere di un centimetro alla propaganda di Mosca sul tema, puntando il dito contro la «rete di profili pro-invasione legati a Mosca» attiva in Italia, «che dedica le sue risorse a screditare il lavoro mio e degli altri inviati. Fingono sconcerto – replica duro Piagnerelli – ma hanno trovato in quell’immagine un formidabile argomento di propaganda anti-ucraina. Il nostro lavoro – assicura estendendo la solidarietà anche agli altri colleghi messi nel mirino da Mosca – continuerà a essere libero da condizionamenti e improntato al massimo rigore».


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